La carboneria eporediese tra segretezza e organizzazione

Questa piccola rubrica, senza troppe pretese, ambisce all’obiettivo di rendere tutti un po’ più partecipi della storia contemporanea di questa città, troppo spesso considerata irrilevante o povera di note degne di essere ricordate

I nomi sono stati rivelati; ma come si organizzarono i carbonari eporediesi guidati dal Conte di Cesnola? Come riuscirono a far passare inosservata la loro presenza in città?
Il carattere di segretezza e il loro portamento alla ribellione e alla rivoluzione impedirono il realizzarsi di qualunque incontro di natura pubblica. Tutto dovette venir svolto in gran segreto. Le varie adunanze preparatorie al marzo del 1821 ebbero luogo presso le diverse abitazioni del conte Palma. Se ne annoverano tre: una casa ad Ivrea dove il conte dimorava, posta circa a metà della «contrada maestra» e due ville confinanti l’una con l’altra e poste su di una collina ad est del lago di San Michele. Erano chiamate di Montodo (Mons Odonis) e Monte Capra.
Quale posto migliore di un’altura per poter organizzare incontri segreti? Riunirsi su di una collina a circa un chilometro da Ivrea e sistemare qualche vedetta di controllo per meglio sorvegliare il promontorio si rivelò una scelta azzeccata in quanto nessuno, sino all’adempimento della rivoluzione, venne arrestato o perseguitato. Ciò nonostante i carbonari eporediesi presero l’abitudine ad occupare la casa posta in via Arduino; solo in caso di incontri più importanti o numerosi i Carbonari si riunirono nelle due ville poste fuori città. Tradizionalmente gli incontri, battezzati “Scuole”, si tennero di sera con il favore della scarsità di luce e di illuminazione pubblica.
In una delle deposizioni effettuale al comandante dei Carabinieri d’Ivrea, Giuseppe Bollettino affermò quanto segue:

«Un prete, a cui ho dato parola di tenere il segreto, mi disse che nel mese di gennaio or scorso, non ricordandomi più del giorno, in casa del signor conte Alerino Palma, situata in questa città, in tutti i giorni di corriere che arriva in questa città si congregavano nelle sere di detti giorni di corriere nella casa anzidetta in un col conte Palma l’ex avv. fiscale Trompeo e molte altre persone di questa città e forestieri ed ivi si tenevano discorsi tendenti a promuovere il cambiamento di governo e che le stesse persone mentre si recavano in detta casa coglievano una tale occasione per leggere le lettere che gli venivano portate dal corriere colla gazzetta e verso la metà di gennaio scorso, prendendo una tazza di caffé col conte Palma e Trompeo nel caffé Boschis e ciò circa le ore 6 di sera, appena presa tale tazza di caffé assieme alzandosi l’istesso conte Palma mi disse se volevo portarmi alla scuola, al che io risposi che non aveva più bisogno di andare a scuola, sicché dipartitisi da detto caffé li detti Palma e Trompeo e fermatomi io nello stesso caffé da quanto mi avevano antecedentemente detto l’anzi detto prete io ho creduto che quell’ora li stessi Palma e Trompeo si portassero nella casa del primo ad oggetto delle congreghe e riunioni anzi dette.»

La curiosa testimonianza di questo individuo (per altro di non facile lettura) può aiutare a far luce su alcuni punti: in primo luogo che la società dei Carbonari eporediesi tentò di “arruolare”, nella maniera più indiscreta possibile, persone al di fuori del nucleo originario. In secundis, il fatto che questo testimone declini l’invito di “andare a scuola” travisando il significato nascosto delle parole del conte Palma, ma che nonostante tutto sia al corrente del fatto che nella casa di via Arduino si tennero incontri “misteriosi”, lascia supporre che in città molti fossero a conoscenza di questa società segreta o quanto meno della loro abitudine a riunirsi per finalità di natura ritenuta illecita. In terzo luogo, un dettaglio fornisce un elemento in più da aggiungere all’organizzazione e alle abitudini dei Carbonari eporediesi: Giuseppe Bollettino parla di adunanze «in tutti i giorni di corriere che arriva in questa città». Non è un’informazione irrilevante o secondaria: tutt’altro. La decisione di riunirsi durante i giorni di corriere coincise con la precisa necessità di restare costantemente aggiornati sugli avvenimenti in corso non solo nel resto del Piemonte, ma soprattutto a Torino. L’attendibilità delle informazioni fu di fondamentale importanza per l’organizzazione carbonara: se l’insurrezione fosse scattata ad Ivrea con troppo anticipo o con troppo ritardo rispetto ai compagni torinesi, ogni sforzo di conquista del potere cittadino sarebbe stato vano. Allora come oggi, la puntualità delle informazioni dovette giocare un ruolo affatto marginale. Il giorno di corriere, inoltre, coincise con i due giorni di mercato, ovvero il martedì ed il venerdì, in modo tale da poter agevolare le comunicazioni con i «forestieri» che sarebbero intervenuti alle adunanze.

Andrea Bertolino