La Grande Invasione – Mediterraneo

Venerdì 2 giugno, alle 11,45, nel cortile del Museo Garda, presentato il nuovo numero della rivista Passenger

THE PASSENGER è un magazine firmato Iperborea.
Dopo anni di esplorazioni del Nord, la casa editrice milanese, cinque anni fa, comincia a viaggiare in tutto il mondo per cercare e pubblicare il meglio del long form dal taglio «geografico», mantenendo invariati i criteri di selezione: la rilevanza della tematica, la qualità della scrittura, la lunghezza dell’orizzonte temporale, evitando ogni rimando all’attualità per concentrarsi sul racconto del presente inteso come contemporaneità più che attualità.
Ogni numero è dedicato a un Paese in particolare e può essere usato come un’anomala (e raffinata) guida turistica. A presentare l’ultimo numero della rivista, Mediterraneo, dedicato invece al mare e non ai paesi che vi si affacciano, Marco Agosta, caporedattore e gli autori Valentina Pigmei, giornalista e autrice e Matteo Nucci.
Dal latino in mezzo alle terre, il Mediterraneo evoca classicità, contaminazioni e cieli azzurri sui quali proiettare un desiderio: quello di riuscire a catturare i tratti di un’identità comune. Se lo sguardo dello storico sembra smentire l’idea di mediterraneità – David Abulafia in questo volume lo definisce uno spazio frammentato, in cui anche nel passato l’incontro tra culture fu l’eccezione di alcune città cosmopolite e non la regola – sono le Muse a esserne attratte.
Comunque lo si voglia definire, il Mediterraneo appare in crisi: trascurato dall’Unione europea che guarda alle coste nordafricane e levantine solo come minaccia e risorsa energetica, è il crocevia di una delle più grandi migrazioni della storia. Mentre ogni anno centinaia di milioni di vacanzieri sciamano verso i suoi lidi, come in uno specchio deformante centinaia di migliaia di persone affrontano un drammatico viaggio contrario per fuggire a guerre, persecuzioni e povertà. La strada liquida, come la chiamava Omero, è sempre più militarizzata, trafficata e inquinata, oltre che surriscaldata e sovrapescata.
Visto dalle coste nordafricane, più che un Mare nostrum sembra un muro che divide il mondo arabo da quello europeo, fonte di divisione e non incrocio di culture.
Sarebbe più saggio decantarne la varietà più che ricercarne una fuggevole identità comune, ma forse la mediterraneità non è altro che un sentimento, e come tale non vuole sentire ragioni. Il Mediterraneo ha un odore particolare e inconfondibile – sottolinea Valentina Pigmei – Io lo penso da sempre e ora so che c’è una motivazione scientifica, dovuta alla salinità più alta e al tipo di vegetazione marina che lo popola. In questa mappa olfattiva ho scelto quattro luoghi che amo molto e li ho descritti all’interno della rivista: l’Andalusia del Sud, Malta, l’Isola di San Pietro e la Grecia Ionica. Tutti luoghi di confine, che sono state transito di diverse civiltà sono “accatastate”. Per me la cifra che contraddistingue il Mediterraneo è proprio la mescolanza, la divisione, lo spazio frammentato. Nonostante tutto resta affascinante, rassicurante e consolatoria l’idea di mediterraneità.
Ci si può avvicinare a un’idea più unitaria di Mediterraneo – replica Nucci – proprio attraverso la percezione, e non solo dell’olfatto. Per citare il grande Magris è più opportuno parlare delle identità, anziché solo di una. C’è una ricchezza estrema e innumerevoli differenze fra le culture e i popoli che abitano il Mediterraneo. L’aspetto per me dominante che questo mare ispira è quel momento che noi chiamiamo controra, quel momento del meriggio tra le 12 e le 16, d’estate quando chi conosce bene il Mediterraneo sa che non si può fare niente. Non si può lavorare, anzi, è quasi vietato farlo. E non è una sottrazione, ma un momento positivo del tempo dedicato a noi stessi. Quel tempo che i greci antichi chiamano scholé, il tempo libero, per sé, per la persona.
La vena malinconica e riflessiva dei canti evocata dal musicista turco Zülfü Livaneli, la proverbiale convivialità e la celebrazione del tempo libero sono guardate con un misto di fascinazione e biasimo dai paesi a matrice protestante: la nobiltà del profilo greco dell’homo mediterraneus può diventare in un attimo caricatura sprezzante sinonimo di lassismo e arretratezza culturale.
Comunque lo si voglia definire, il Mediterraneo appare in crisi: trascurato dall’Unione europea che guarda alle coste nordafricane e levantine solo come minaccia e risorsa energetica, è il crocevia di una delle più grandi migrazioni della storia.
Mentre ogni anno centinaia di milioni di vacanzieri sciamano verso i suoi lidi, come in uno specchio deformante centinaia di migliaia di persone affrontano un drammatico viaggio contrario per fuggire a guerre, persecuzioni e povertà.

Simonetta Valenti