La scuola spezzata

Classi in presenza al 50%, l’altra metà collegata online da casa: è l’ordinanza della Regione per l’istruzione superiore

Venerdì 23 ottobre, ore 14, liceo Gramsci. Ivrea.
I bidelli spostano i banchi che da lunedì a chissà quando non serviranno: la metà migrano dalle aule ai corridoi.
Gli studenti più grandi – quarte, quinte, ma anche i più emotivi tra i “piccoli” – all’improvviso ripiombano nell’oscurità di quella primavera luminosa, quella senza scuola.
Una bidella, straccio in una mano e sanificatore nell’altra – mentre li osserva uscire “non è mica giusto”, esclama.
Anche lei coi lucciconi agli occhi, come quei ragazzi, sguardo su un passato che ripiomba ma incomprensibile, stavolta.
E a piangere è anche qualche insegnante, schiacciato dall’impotenza e dalla rabbia di chi aveva la giocata buona eppure deve cedere la mano.
Scuola a metà: classi dimezzate, spezzate in due a partire dalla prossima settimana, con un orario già ridotto e la certezza che nulla tornerà al posto giusto.
Eppure un liceo come il Gramsci i compiti a casa li ha fatti, e anche di più: con il vantaggio di un dirigente brillante e capace e molti insegnanti collaborativi e motivati, sono stati predisposti scaglionamenti – gruppi di classi che entrano ed escono in orari diversi –, accessi differenziati, rimodulazione dell’orario in unità di 40 minuti, percorsi segnalati all’interno dell’istituto in modo che le persone non si trovino mai faccia a faccia, turni per fare il cosiddetto intervallo – seduti al posto con un panino comprato al bar in solitudine –, segnalazione scritta e sottoscritta delle temperature ogni mattina alla prima ora, tracciamento immediato degli assenti, predisposizione di una stanza-infermeria nella quale assistere i ragazzi indisposti, riunioni tutte trasferite sulla piattaforma Meet.
Compiti che avevano sortito risultati – una scuola di 1340 studenti senza classi né insegnanti in quarantena! – e anche reso orgogliosi un po’ tutti i senzienti: non è facile rispettare e far rispettare regole innaturali, non è esaltante trasferire parte del proprio lavoro sulla rete sapendo che la scuola vera è in presenza e tutto il resto – lezioni registrate, materiale inviato, link condivisi, telelezioni – sono solo prima e dopo la scuola, poiché l’apprendimento vero è legato all’esperienza, essere qui e ora insieme a far la stessa cosa.
Però si fa, perché questo è un modo per tenere la scuola aperta, e qui da noi non si vuole chiudere, il passato sta lì a raccontarci ogni giorno l’incolmabile buco che lascia la DaD.
E invece arriva la mannaia, e arriva per tutti e per tutti uguale, a prescindere dal lavoro fatto, dai risultati ottenuti, dall’energia profusa per fare il lavoro e ottenere i risultati. Far parti uguali fra diseguali, appunto.
Non importa se il problema sta soprattutto nei trasporti, poiché lì intervenire è difficile: ascoltare, mediare per mettere d’accordo, studiare e pianificare e rompercisi la testa, aprire la borsa, diventare impopolari magari.
La scuola invece risolve i problemi, obbedisce e non costa.
Per il momento, prima di vedere che è molto tardi.
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