La storia si studia, non si brandisce come una sciabola

Sull’ultima, vergognosa dichiarazione della presidente del Consiglio

Quando andiamo a Roma sotto quel cielo così luminoso, che ci è stato complice in innumerevoli manifestazioni, alcune volte, più di sempre, sentiamo il bisogno di prendere il 218 e andare alle Ardeatine.
Anzi, a scendere sottoterra, per stare pochi minuti a far compagnia a chi lì ha lasciato la vita, sua e di chi
gli ha voluto bene. Da antifascisti si “sente” che quella cava dove il cielo scompare facendoci piombare nella luce fioca, è una di quelle sorgenti che, unendosi a tante altre, hanno alimentato, e continuano ad alimentare, il fiume che ha spazzato il fascismo. Ad un prezzo altissimo, che nessuno avrebbe voluto pagare.
Scopriamo oggi, per la voce autorevole del presidente del Consiglio, che quelle persone sono morte per il solo fatto di essere italiani.
Noi non ci avevamo mai pensato, imbevuti di antifascismo, probabilmente, ma ora ci pensa lei (o lui, che si fa chiamare il presidente?) a spiegarci la Storia. Noi abbiamo sempre creduto (anzi, lo crediamo ancora di più ogni giorno, e glielo vogliamo urlare in faccia) che la loro morte fosse dovuta al fatto di essere antifascisti, antinazisti ed antiRSI.
Alla biblica vendetta “occhio per occhio” viene sostituita “dieci occhi per ogni occhio” tedesco ucciso a via Rasella, su ordine di Hitler in persona, che in un primo tempo aveva strillato che la proporzione doveva essere di 50 ad 1. Sappiamo per certo che Kappler e Priebke misero insieme circa 200 persone: 22 già giudicate ma non
condannate, 157 semplicemente accusati di reati che prevedono la pena di morte, 17 condannati ai lavori forzati, 4 arrestati in via Rasella subito dopo l’attentato. Bisogna inventarsi qualcosa per arrivare a 320, essendo 32 i Tedeschi morti nell’attentato.
Kappler dirà al processo: “A questo punto mi trovai nella necessità di includere gli Ebrei”. Notate bene “la necessità”. Ne sceglie 57 che sono sulla lista della comunità Israelitica da eliminare. Fra questi, cinque della famiglia Di Consiglio, arrestata da poche ore e già scampata al rastrellamento del Ghetto il 16 ottobre. Alla conta, manca il sesto Di Consiglio, Cesare di 14 anni, che si fa avanti e si fa portare via: 14 anni non sono troppo pochi per morire. E qui entrano in scena, in questa tragedia, altri Italiani, nel ruolo non di ulteriori vittime, ma di carnefici.
Eravamo arrivati a 200 persone da sacrificare. Siamo ancora però ben distanti, ed allora ecco che i Nazisti si rivolgono all’italianissimo Questore dell’italianissima città di Roma, tale Pietro Caruso. Questi, telefona all’italianissimo Ministro degli Interni della Repubblica Sociale Italianissima, Guido Buffarini Guidi, che non ci risulta essere Tedesco o anti-italiano, il quale dà l’autorizzazione di prelevare dalle carceri di Regina Coeli 50 prigionieri, già in carcere quando avvenne l’attentato, e quindi innocenti per questo reato.
Li fanno uscire dalle celle con la motivazione che li avrebbero portati a lavorare al Nord. Ma quando prelevarono persone molto anziane, o un prigioniero che non camminava per un problema al ginocchio, fu evidente che li avrebbero portati alla fucilazione e scoppiò un tumulto all’interno del carcere, che fu sedato dalle raffiche di mitra sparate contro le finestre delle celle.
La Storia, si sa, viene raccontata come è più utile farlo, ma cammina con un passo molto più lento del nostro affannarsi, e prima o poi arriva a sistemare le inesattezze e correggere gli errori. Basta aver pazienza (che non è impresa da poco). Qualcuno poi commette l’errore di brandirla come una sciabola contro gli avversari, con il rischio di farsi del male da soli. Ora è di moda il vittimismo, perché abbiamo scoperto che ce l’hanno tutti con noi Italiani, a partire dalla narrazione delle foibe, passando per la matrigna Europa che non ci protegge dall’invasione dei migranti, e via sproloquiando.
Che fare? Continuare a confutare le pietanze che vengono condite a favore di gente affamata di risposte semplici a problemi complessi, per cominciare. E poi non lasciarsi prendere dallo sconforto. Facile a dirsi, ma sappiamo che la nostra “intelligenza” intesa nel senso letterale di “comprendere” dà molta noia a chi ha studiato il più delle volte alla scuola delle curve da stadio o nei bar (ci scusino i Baristi).
Senza voler esser supponenti, noi continuiamo a studiare sui libri. Ed anche negli occhi di chi ha sofferto dolori eterni per la morte dei loro cari per mano dei nazisti. E dei fascisti ITALIANI.

Luciano Guala

(Da: Erich Priebke, lo strano caso dell’uomo delle Fosse Ardeatine – di Nicola Graziani- Nuova Iniziativa
Editoriale, l’Unità -Roma, 2005.)