Le attuali condizioni di detenzione in Italia

Se ne è parlato nel primo incontro, svoltosi allo ZAC il 19 maggio, sul rapporto annuale di Antigone.
Giovedì 26 maggio il prossimo incontro con Davide Petrini sulla “giustizia riparativa”

L’articolo 27 della Costituzione dice che “le pene non possono consistere in trattamenti contrari al senso di umanità”.
Non è semplice parlare del carcere, coinvolgere, stimolare l’opinione pubblica a riflettere, a non voltarsi dall’altra parte, preferendo non sapere, nascondendosi dietro l’assioma “…chi ha sbagliato deve pagare”. Proprio per far meglio comprendere cosa significa e quali sono state fin’ora le conseguenze di una giustizia retributiva che considera la punizione la giusta e l’unica conseguenza possibile del reato, l’Associazione Assistenti Volontari Penitenziari di Ivrea “Tino Beiletti” ha organizzato due incontri sul carcere e sulla necessità di una giustizia riparativa.
Il primo incontro sul XVIII Rapporto dell’associazione Antigone sulle condizioni di detenzione si è svolto giovedì 19 maggio allo Zac. Hanno condotto l’incontro Perla Arianna Allegri, osservatrice nazionale di Antigone, Raffaele Orso Giacone, garante del Comune di Ivrea per i diritti delle persone private della libertà personale, e Armando Michelizza dell’Associazione “Tino Beiletti”.
Perla Arianna Allegri ha raccontato nei dettagli il quadro delle carceri italiane viste “da dentro” nelle oltre duemila visite svolte dall’osservatorio di Antigone dal 1998 ad oggi. Si tratta di un’osservazione costante, svolta negli anni, che ha permesso di fotografare con precisione lo stato del sistema penitenziario.
Citando testualmente alcune parti fondamentali del rapporto possiamo notare l’alta percentuale dei tassi di recidiva che, come sottolinea il presidente di Antigone, “raccontano di un modello che non funziona e ha bisogno di importanti interventi, aprendosi al mondo esterno, puntando sulle attività lavorative, scolastiche, ricreative e abbandonando la sua impronta securitaria”.
“In media vi è una percentuale pari a 2,37 reati per detenuto. Al 31 dicembre 2008 il numero di reati per detenuto era più basso di 1,97. Dunque diminuiscono i reati in generale, diminuiscono i detenuti in termini assoluti, ma aumenta il numero medio di reati per persona.
Al 31 dicembre 2021, dei detenuti presenti nelle carceri italiane, solo il 38% era alla prima carcerazione. Il restante 62% in carcere c’era già stato almeno un’altra volta. Il 18% c’era già stato in precedenza cinque o più volte. La percentuale di chi ci è stato più volte cala per gli stranieri, ma sale per gli italiani, per i quali si immaginerebbe invece che i percorsi di reinserimento sociale siano più facili”.
Gli alti tassi di recidiva sono quindi un chiaro segnale che, come sottolinea anche Gherardo Colombo nel libro Il Perdono Responsabile, “non si può educare al bene attraverso il male”.
Il carcere dovrebbe diventare, secondo la Ministra della Giustizia Cartabia, davvero l’extrema ratio solo nei casi in cui ce ne sia la reale necessità.
“Al 31 dicembre 2021 ben 19.478 detenuti (poco meno del 40% del totale dei reclusi), dovevano scontare una pena residua pari o inferiore a 3 anni. Una gran parte di loro potrebbe usufruire di misure alternative. Un aumento di queste ultime permetterebbe di porre rimedio anche al cronico sovraffollamento delle carceri italiane. Il tasso di affollamento è attualmente del 107%, contando i posti ufficiali conteggiati dal ministero. Tuttavia, se si considerano i posti realmente disponibili, a fronte di reparti e sezioni chiuse o celle inagibili, il tasso supera il 115%. Un dato su cui pesano sempre meno gli stranieri che al 31 marzo 2022 sono il 31,3% sul totale della popolazione detenuta, con un calo del 5,8% rispetto al 2011. Il loro tasso di detenzione (calcolato nel rapporto tra popolazione straniera residente in Italia e stranieri presenti nelle carceri) ha visto una decisiva diminuzione, passando da 0,71% del 2008 a 0,33% del 2021”.
Nel corso dell’incontro si è parlato dei problemi comuni a quasi tutti gli istituti carcerari:
– Il sovraffollamento, un numero ancora troppo elevato di detenuti è in custodia cautelare, molti di loro potrebbero usufruire di misure alternative.
– Il trattamento inadeguato del disagio psichico in carcere, ricordiamo la situazione indegna del reparto Sestante alle Vallette di Torino.
– I suicidi in carcere: 57 nel 2021 secondo i dati pubblicati dal Dipartimento Amministrazione Penitenziaria.
– Celle inadeguate nel 5% degli istituti, spazio circoscritto a meno di 3 metri a persona e WC in ambiente non separato.
– Mancanza di lavoro: solo un terzo dei detenuti lavora.
Armando Michelizza ha raccontato le mille difficoltà che incontra un detenuto in fase di reinserimento sociale, l’assenza di welfare, i mille ostacoli burocratici.
Il garante Raffaele Orso Giacone ha descritto la situazione in cui versa la casa circondariale di Ivrea: assenza di un direttore definitivo, disponibili solo 2 borse lavoro e impossibilità di poter lavorare all’esterno, solo da pochi mesi è disponibile la copertura medica h24. Scarsità di strumenti diagnostici, quindi tempi lunghissimi per poter accedere ad esami.
Sui problemi che nascono dalla carcerazione, sull’inutilità della giustizia retributiva si è poi articolato il dibattito con il pubblico, con la presenza anche di numerosi volontari.
Un incontro molto interessante, essenziale per conoscere, e, insieme, cercare di porre fine a tale mal celato abisso di inutile sofferenza.

Olivia Realis Luc

Il prossimo appuntamento, giovedì 26 maggio ore 21.00, sempre allo ZAC, con Davide Petrini (Università di Torino) avrà per tema: “Verso una giustizia riparativa. perché non serve solo punire: occorre costruire una giustizia che cerchi di riparare le ferite e riduca la recidiva”.