Lettera: «Il “mio Covid” oggi»

La necessità di un confronto aperto e rispettoso, cercando di non “distrarsi” dalle questioni sociali al centro di un’offensiva  a tutto campo (lavoro precarizzato, fisco, pensioni più lontane, nuove privatizzazioni di servizi pubblici, attacco alle misure contro la povertà, il tutto condito dal greenwashing sulle questioni ambientali)

Su questo giornale abbiamo evitato finora di entrare nella discussione sui vaccini anti-Covid e sul “green pass”.
E’ stata una scelta obbligata di fronte all’impressione di non essere in grado di poter utilmente intervenire in un dibattito che è “uscito dalle righe” ed è spesso scaduto oltre i limiti dell’assurdo e del ridicolo.
Ora però, dopo i provvedimenti governativi che esplicitamente restringono il diritto a manifestare (o quanto meno lo mettono dopo “il diritto” allo shopping), non possiamo più limitarci a evidenziare e contrastare le derive fasciste e reazionarie certamente presenti nel variegato mondo no-vax, né accomunare automaticamente a questo, nonostante l’ovvia vicinanza, l’ancor più variegato mondo no-pass..Allargandosi la discussione e arrivando diverse sollecitazioni interne ed esterne ad aprire un confronto, abbiamo deciso di pubblicare un intervento ricevuto che può essere l’occasione per aprire uno scambio senza reciproche demonizzazioni sulla vicenda che ha investito le vite di tutti noi abitanti del pianeta terra.
Una discussione aperta e rispettosa che, per quanto possibile, riesca a non favorire la “distrazione di massa”, mentre avanza la precarizzazione del lavoro, si allungano i tempi per la pensione senza assicurarne una di garanzia ai giovani, arriva una nuova ondata di privatizzazioni di servizi pubblici, viene attaccata in tutti i modi qualsiasi misura contro la povertà (dal “reddito di cittadinanza” alle indennità per disabilità), si prospettano tagli delle tasse e non è difficile immaginare a favore di chi, si parla tanto di “transizione ecologica” riducendola a operazione di “greenwashing”, arrivando perfino a far rispuntare la scelta nucleare.
Un dibattito non facile che apriamo ora su queste pagine e, se si creeranno le condizioni, potrà svilupparsi anche in incontri pubblici di confronto.
la redazione

Il “mio Covid” oggi

Quando mi hanno detto che ci sarebbe stata una manifestazione No Green pass in piazza Ottinetti ho pensato: andare? non andare? Cioè, andare per esprimere un certo disagio rispetto a molte cose che stanno succedendo? O andare per vedere chi c’è in piazza e capire un po’ meglio cosa si muove almeno nella propria città?
Mi fermo un attimo perché immagino che, a questo punto, tra chi legge potrei oggi sentire commenti tipo:
“Nooo, anche le migliori menti (come ovviamente la mia) diventano NoVax, questo Covid ha rincitrullito tutti” (avendo come prima preoccupazione l’etichettare chi ha davanti come di qua o di la dello spartiacque vaccino)
oppure
“Come si fa ad avere dei dubbi se andare ad una manifestazione di fascisti che assaltano le sedi sindacali” (scegliendo la via della semplificazione, forse un po’ anacronistica ma che ha il pregio di dare certezze)
oppure
“Ma quale disagio, qui il disagio è solo la presenza di non vaccinati che pretendono di contagiare liberamente chicchessia” (scegliendo come unica o prioritaria chiave interpretativa la malattia e l’ansia di uscirne)
oppure
“Certo, le cose cambiano sempre, ma da questo ad immaginare chissà quali complotti…..succede solo che, di fronte ad una materia nuova come la pandemia, si è un po tutti confusi, si va per approssimazione “ (decidendo di tener viva la fiducia nella scienza, nei governanti, nell’informazione).

Nei mesi scorsi avevo deciso di non condividere più i miei dubbi, perché mi trovavo sempre davanti una di queste “levate di scudi” e la discussione moriva sul nascere, non c’era spazio per i distinguo né per approfondimenti. Allora pensai che forse eravamo tutti troppo spaventati per dedicare spazio alle analisi.

Adesso però vorrei parlare di questo disagio, e di questi miei dubbi che generano confusione ed incertezza anche nelle mie scelte personali, di opinione e di azione.Perché, da una parte, mi è venuto il desiderio di partecipare alla manifestazione?
Perché ho bisogno di dire che, per la salute della collettività, io sono felice che si adottino rimedi come i vaccini e che lo stato si adoperi, come un buon padre di famiglia, a fornirli gratuitamente a tutti ed anche a disporne l’obbligatorietà per accedere alla vita pubblica. O, per lo meno, ero felice finché era vivo in me un sentimento di fiducia generica verso lo Stato in quanto sanità e salute pubblica. Ma questo vaccino, forse perché ha provocato il massimo affollamento mediatico, ancorché sperimentale, sembra essere trattato con molta leggerezza da chi lo dispensa: dal caso astrazeneca, alla durata, alla copertura, alle mille certezze poi smentite. Io non sono esperta, ho cercato come tutti di capirci qualcosa, ma il mio è stato un tentativo vano. Così la fiducia che avevo è scemata…
Certo, in emergenza, con tutti questi morti, non si può andare tanto per il sottile, né si può tanto sbandierare di avere confusione sul da farsi per non ingenerare panico nella gente, ma un buon padre di famiglia, proprio per la gravità del momento, forse dovrebbe curare ed alimentare il rapporto di fiducia, nel caso, tra stato e cittadini, e quindi la propria credibilità a cominciare dalla gestione dell’informazione.

E per parlare di informazione, io mi son sempre chiesta, ma da subito, come si fa a dare dei dati, per esempio sui morti, assoluti, cioè non raffrontati a nulla, né ai morti dell’anno precedente, né alla quantità di popolazione in Italia ed all’estero (cioè che mi significa che in Russia ci siano 10.000 morti al giorno se non so di che numero di abitanti stiamo parlando?) Mi pare evidente che il dato assoluto non ha mai avuto un gran significato, per nessuna statistica. Eppure non hanno ancora smesso di fornirceli così. Pressapochismo che in me ha generato dubbi, sfiducia ed allontanamento. Eppoi il bombardamento fino alla nausea, morboso direi, di tutta la prima fase, prima del vaccino.

Parallelamente cresceva la demonizzazione di chi non rispettava le misure di prevenzione, o per ignoranza o per ribellione: perché lavorare alla costruzione di questo fossato?
Il famoso buon padre di famiglia avrebbe dovuto abbracciare tutti e condurli nei giusti comportamenti, sapendo che facilmente, qualcuno si sarebbe comunque perso: se sei insegnante non puoi sperare che tutti i tuoi allievi saranno maturi, coscienziosi ed intelligenti, ma tu sei lì apposta e ti adoperi per loro e cerchi le strategie per conquistarli alla cittadinanza. Oppure scegli di additare al pubblico ludibrio chi rimane indietro, ma li avrai persi per sempre e forse, tu già lo sai, renderanno a tutti la vita alquanto difficile. Se poi ricorri al ricatto, come io vedo lo strumento green pass, devi sapere che stai seppellendo il rapporto di fiducia reciproca e stai scegliendo la via della forza. Mi dicono che in casi così gravi il fine giustifica i mezzi. Io non ne sono ancora convinta, né mi pare che stia granché funzionando.
E così, con l’arrivo del vaccino, questo fossato si è allargato ed è andato a condizionare tutte le relazioni, pubbliche ma anche private, aumentando a dismisura la conflittualità, uccidendo la possibilità del confronto e della ricerca comune delle soluzioni per la convivenza, con una potenza tale da minare perfino gli affetti.
Perché scegliere questa via? Per cecità? Per incapacità? Per il vecchio adagio “divide et impera” nel senso che ti fai aiutare a gestire la situazione rispolverando la delazione, demandando parte del controllo sociale agli stessi cittadini?
Unico faro per me, l’esperienza della Morgan Carbon di Martinsicuro dove hanno organizzato collette per pagare i tamponi a chi non si vaccinava: mi è sembrata una scelta volutamente organizzativa, esente da giudizi morali, e perciò realmente solidale ed efficace.
Infine mi chiedo se sia il caso di affrontare il tema “Emergenza e democrazia” perché, se ci stiamo giocando realmente qualcosa, sarebbe meglio che ce ne rendessimo conto per tempo.
Alla manifestazione comunque sono andata, da osservatrice, ma ho capito che non era ciò di cui avevo bisogno: mi trovo ancora un passo indietro, e per questo propongo di trovare un luogo, fisico o virtuale, dove sia possibile, a chi ne senta il bisogno, confrontare le idee liberandoci per un attimo degli steccati e dei preconcetti, dove sia possibile ammettere le paure e, se riusciamo, trovare degli sbocchi positivi.
Sto pensando ad un appuntamento di sabato mattina, all’aperto, in città; od anche ad uno spazio a ciò dedicato su questo giornale o qualsiasi altra forma di confronto.
Grazie.
Matilde Lo Valvo