Licheni, soprattutto licheni

“Licheni, soprattutto licheni”: dal Pian di Coumarial al Lago Vargno; segnavia 2E; 1440m – 1664m slm; anche osservazione di ampie aree di Chrysothrix chlorina; Coumarial, Val di Gressoney (Valle d’Aosta), 30.4.2017

Anche se siamo a fine aprile, la giornata è fredda e cupa. In montagna forse nevica eppure stiamo andando al Pian di Coumarial. Da lì raggiungeremo il Lago Vargno, ai piedi della Riserva Naturale del Monte Mars. E’ un’escursione comoda, a saliscendi, anche se gli ultimi tornanti sono molto ripidi. Bella: appena abitata, questa piccola vallata laterale della laterale Val di Gressoney è un esempio di natura austera, possente e autentica. Oggi non si vede nessun animale, neanche degli uccelli. Sobria e discreta è la flora primaverile. Ma quello che a me interessa di questa valle sono i licheni. Sto accompagnando un’appassionata di montagna e mi dice che nessuno dei partecipanti ad un’escursione precedente ha saputo spiegarsi cosa fossero quelle ampie macchie giallo fluo che segnano alcune pietre. Anche da vicino sembravano a tutti artificiali, vernice con ignota finalità. Mistero.

Mi piacciono molto i licheni. Da quando ero ragazzo. Che sia in pianura o in montagna, in campagna o in città, non posso sottrarmi in qualunque circostanza alla loro osservazione; la loro misteriosa e antica, perfetta bellezza, le loro inesauribili forme e i loro variegati ed impossibili colori sono un’insondabile sorgente di piacere. Sono quindi eccitato all’idea di trovarne una rara formazione. Perché rara da queste parti è la formazione che sono sicuro siano le misteriose macchie di vernice con ignota finalità. E difatti. Lo spettacolo è meraviglioso. Sulle pietre verticali, fessurate e piene di anfratti, nelle zone ombrose, ecco quella sottile velatura giallo fluo, delicata polvere d’oro che si adagia, appena sensibile al tatto, sull’umida pietra. Che rara e insolita bellezza! Che mistero della natura! Questo lichene è per me tra i più belli e sorprendenti. Non ha crosta, non è foglioso nè fruticoso, sembra nascere dal nulla per diventare polvere di se stesso. Se dovessi asportarlo non saprei cosa raccogliere tanto è sottile e solidale con la pietra. Appare, parlo da ignorante in materia, come una sorta di proto-lichene che richiama le forme più primitive della vita e della bellezza. Non so quale sia ma, tra quelli che potrebbe essere, non sembra una Candelariella vitellina, più crostosa e in rilievo, meno d’ombra; come non sembra neanche una Chrysothrix candelaris, anch’esso più a rilievo e meno brillante. Non è, in assoluto, una Caloplaca chrysodeta, più farinosa e a grumi, come tuorlo sodo grattugiato, e neanche altre varietà simili. Penso che sia una Chrysothrix chlorina, e in questa credenza, forse sbagliata, rimango, mentre mi godo il ritrovamento.

Adesso nevischia. Nelle rare zone innevate, un finissimo e candido cuscus si deposita distinto sulla neve rimasta. Fa freddo. Il lago Vargno è gelato. Non c’è alla vista anima viva. Quiete e silenzio. Solo tre passeracei saltellano in lontananza sulla superficie del lago. La montagna incombe possente. La neve e il grigiore danno a tutto un’impronta minerale.

Adesso, per piacevole associazione di idee, devo ricordare il chiuso e silenzioso poeta Camillo Sbarbaro che ai licheni, come pura passione personale, dedicò la sua vita. Ferdinando Camon ricorda un loro incontro: “Lo studio di Sbarbaro non ha libri. Ci trovo una sola opera, questa: Foliicolous Lichens I. A revision of the taxonomy of the obligately foliicolous, lichenised fungi, by Rolf Santesson – Uppsala 1952. Ci sono naturalmente, i licheni, delizia e arma di Sbarbaro: arma, perché quando vuoi disfarti di un ospite noioso non ha (dice lui) che da fargli vedere minuziosamente la sua raccolta. Che è molto ridotta ormai. Tra le altre specie, il poeta mi fa vedere qualche esemplare di Apegrapha (a forma di virgolette come scrittura cuneiforme, sul tallo grigio; ma visto alla lente, il tutto sembra un altopiano con le cime arsicce e nerastre), di Ramalina reticulata della California, esili fili che d’un tratto si scindono in sottilissime reticelle. Sulla busta che contiene la Xanthoria parietina Sbarbaro ha scritto: “Rutilante di fatto, se non di nome””.

Paco Domene