MDFU – Maschiodonna femminauomo (1)

MDFU – Maschiodonnafemminauomo – Maschio? Donna? Femmina? Uomo?- Prima parte: “Giulietta degli Spiriti” (film, Italia, 1965) e “Giulietta” (racconto, Il melangolo, 1989) di Federico Fellini, in occasione del centenario della nascita. Anche: nuova Legge su Transessualità e dibattito femminista.

Poiché si tratta di parlare con piacevole leggerezza di un film e di un racconto di Fellini, eviterò ogni preambolo impegnativo ed entrerò subito in materia: cos’è un maschio? Cos’è una donna? Cos’è un uomo? Cos’è una femmina? E ancora: può un maschio essere donna? Non solo sentirsi donna ma essere donna, avere lo stato civile di donna (“femmina”), cioè avere tutti i diritti di una donna, p.e. sposare un uomo o un’altra donna, avere figli come donna, entrare nei bagni delle donne…; può una femmina essere uomo? Non solo sentirsi uomo ma essere uomo, avere lo stato civile di uomo (“maschio”), cioè avere tutti i diritti di un uomo, p.e. sposare una donna o un altro uomo, avere figli come uomo, entrare nei bagni degli uomini…; e ancora: se un maschio (non un uomo, un maschio) diventato donna s’innamora di un uomo, si sentirà omo o etero? Se una femmina (non una donna, una femmina) diventata uomo s’innamora di un donna, si sentirà lesbica o etero? E ancora (ancora): può un maschio diventato donna o una femmina diventata uomo rimanere tale (il maschio donna, la femmina uomo) senza modificare ormonalmente i caratteri sessuali e chirurgicamente gli organi sessuali? Cioè, la donna con pene-testicoli e barba, l’uomo con vulva-vagina e seni? E ancora (solo un altro ancora): una persona con caratteri sessuali maschili ma con vulva-vagina e senza organi sessuali maschili funzionanti dalla nascita è maschio o femmina? Può una persona decidere di non essere né maschio né femmina, né uomo né donna? Può un/una minorenne decidere di non essere né maschio né femmina, né uomo né donna? Un’ultima domanda: le persone che soffrono violenza o la negazione di diritti le soffrono in quanto persone, in quanto maschi/femmine o in quanto uomini/donne?

“Giulietta degli spiriti” è un film bellissimo: la sua bellezza formale è talmente evidente e incisiva che stordisce e rischia di diventare insopportabile (sì, la bellezza, come il piacere, può, alle volte, diventare insopportabile, bisogna essere forti per affrontarla). Non c’è bisogno, qui, di entrare nell’analisi critica del film: lo spettatore più distratto coglie spontaneamente (talmente sono palesi) le sorprendenti novità che Fellini introduce nel campo dell’illuminazione, della scenografia, della sceneggiatura, della decorazione, del montaggio, della musica, dei costumi, del colore (il suo primo film a colori). Un film assolutamente da (ri)vedere.

“Giulietta”, invece, è il racconto che, nella propria intimità, Fellini utilizzò come canovaccio del film. Fellini non parlò mai con nessuno di questo bel testo, alter ego del film ma meno visionario, più terra a terra, quasi domestico, dove Giulietta, sua moglie nella vita, autobiograficamente, si racconta e descrive, a dire degli esperti, il reale ambiente familiare della coppia. Lo fece pubblicare di nascosto e tradotto in tedesco più di vent’anni dopo il film; la pubblicazione in italiano è seguita alla scoperta del manoscritto originale.
Fellini è un maschio-uomo, Giulietta è una femmina-donna. Cioè “normali”. Il film ed il racconto sono di Fellini ma la protagonista è Giulietta. Giulietta, la protagonista, racconta se stessa per bocca di Fellini: è una donna infelice, perplessa, il cui marito, nel film e nel racconto, la rispetta come donna-moglie ma la ignora sessualmente come donna (o come femmina?), inoltre ha un’amante con la quale finisce per andarsene; lei soffre e si interroga sulla sua normalità (o la sua diversità?). “Non so cosa rappresento per lui”, dichiara. Non si sente donna nonostante riconoscersi nel suo corpo di donna (oltre che di femmina). Cos’è che non va? Lo spettatore ed il lettore lo intuiscono: Giulietta è la tenera vittima del proprio costrutto culturale, è vittima di una “violenza” anteriore alla violenza sessuale o di genere. Una violenza poco evidente, messa in atto da inconsapevoli ignoti (lei compresa) attraverso la vita consueta di ogni giorno. Giulietta è consapevole delle sue potenzialità sessuali come donna ma non sa dove fermarsi nel lungo cammino tra la prostituta e la passiva perbene. “Devi piacere di più a tuo marito…” le dicono spesso. Ma lei non sa come…

Giulietta Masina, la Giulietta vera, ha dichiarato anni dopo: ” Giulietta non mi assomiglia per niente […] Ma ti pare? Schiacciata dalla madre, succube delle sorelle? […] Il film è nato come una scusa per parlare di un’educazione cattolica repressiva? […] Giulietta sullo schermo è timida, complessata, oppressa. […] Non mi piace il tipo della donna mediterranea, prima succube dei genitori, e poi parassitaria del rapporto col marito […] Ma ti pare che io facevo andare via mio marito così, senza una parola, senza neanche avere il gusto di una spiegazione? Altro che lasciarlo andare, io gli avrei spaccato la testa”.

Giulietta, nel film/racconto, ha un’ossessione per lo specchio, le parrucche, i trucchi, i vestiti. Ha avuto un padre gerarca fascista; la madre, brillante e di successo, la irretisce: “una regina, una statua, bella, bellissima”, dice di lei Giulietta. Giulietta ha intorno a sé femmine che configurano donne di ogni tipo: Valentina, sorella liberata, amante litigiosa, irrisolta e alla deriva; Alba, l’altra sorella, pittrice, sicura di sé, che dipinge un Paradiso dove Dio è un brizzolato bell’uomo, capo felice di un immenso spazio dove bei forzuti maschi fanno all’amore con donne perfette; Chierichetta (“una donna”, la chiama Giulietta), una “maschio-checca” (in linguaggio discriminante) per gli altri, “uomo-donna che racchiude in sé i due sessi” si dice nel film; e poi Elisabetta e Teresina, le cameriere di Giulietta, un po’ erotomane e cicciottella, l’una, ascetica e magra l’altra; e poi la meravigliosa Iris, simbolo dell’Eterno Femminino, e la spettacolare superstar, Susy, e La Ballerina (l’amante del nonno), tutte interpretate da una giovanissima Sandra Milo, e Gabriella… l’invisibile Gabriella… l’amante consapevole e fredda, determinata, del marito… e molti uomini… maschi… ognuno con la sua idiosincrasia, anch’essi pendant delle donne. Tutte/i coinvolte/i in rapporti complessi, tormentosi o amorevoli, interessati o generosi, creativi o distruttivi… Cos’è un maschio? Cos’è una donna? Cos’è un uomo? Cos’è una femmina? MFDU – Maschiodonnafemminauomo…

Le coincidenze contano nell’insorgere di un’esperienza come questa, mia, di mettere in relazione le opere di Fellini con questioni relative all’identità personale, sessuale e di genere: rileggevo qualche settimana fa “Giulietta”, il racconto di Fellini – quest’anno ricorre un centenario di Fellini e di Fellini si è parlato un po’. La lettura del racconto mi ha spinto a rivedere “Giulietta degli Spiriti”, il film . Era da anni che non rileggevo/rivedevo Fellini. Non ricordavo niente. Senza dubbio le opere di Fellini ci pongono questioni relative alla formazione dell’identità personale, sessuale e di genere, alla comprensione, quindi, dell’identità dei maschi, delle femmine, degli uomini e delle donne e delle loro relazioni di potere.

Ultimamente, d’altra parte, le istituzioni di molti paesi democratici stanno discutendo questioni relative alla transessualità ed alla intersessualità. In Spagna, per esempio, attualmente c’è un vivace movimento sociale e mediatico in occasione del dibattito in Parlamento della Proposta di legge integrale su Transessualità e Intersessualità. La nuova Proposta di legge (del 2018) modifica la legge del 2007 che già garantiva ampli diritti alle minoranze transessuale e intersessuale maggiorenni. La nuova legge, tuttavia, presuppone un salto di qualità non facilmente assimilabile da molti cittadini e promuove diritti delle minoranze che anche il femminismo più istituzionalizzato e maturo esita ad accettare. In effetti, portando al limite la Convenzione Internazionale sui diritti dell’infanzia e dell’adolescenza del 1989 e la Risoluzione 2048 (2015) dell’Assemblea Parlamentare del Consiglio d’Europa, la nuova legge, rispetto alla precedente, concede ad ogni persona il diritto soggettivo di decidere il proprio genere (uomo, donna o nessuno) partendo da qualunque evidenza sulle caratteristiche sessuali (maschio, femmina, o indefinito); elimina inoltre la necessità di definire a livello di stato civile uno stato binario (maschio, femmina, uomo, donna): la persona può rimanere in uno stato civile non definito; per fare la transizione di genere non è più necessaria la dichiarazione medica di “diversità”, la diagnosi di “disforia di genere” o di altri disturbi: la transessualità o l’intersessualità vengono, quindi, depatologicizzate; per realizzare la transizione di genere non sono più obbligatori trattamenti ormonali né interventi chirurgici per allineare l’aspetto fisico sessuale al genere scelto; genere e caratteristiche sessuali, quindi, possono non coincidere; p.e. lo stato civile di donna, e i relativi diritti, può convivere con un aspetto fisico da “maschio”; la nuova legge estende queste possibilità alle persone minorenni, che possono decidere il proprio genere, e se vogliano o meno trattamenti ormonali, indipendentemente dal parere dei genitori…

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Ma perché mai una legge che riguarda i diritti civili di due esigue minoranze ha mobilizzato con tanto fragore media e cittadinanza in generale poco consapevoli e attenti ai dettagli della questione? Perché tanti cittadini sebbene non maschilisti si sentono perplessi? Perché giuristi e medici discutono sull’applicabilità della legge nonostante le spiegazioni dei promotori? Perché mai, soprattutto, sta creando una drammatica spaccatura senza precedenti tra favorevoli e contrari all’interno delle tendenze più consolidate e efficaci dei movimenti femministi (i più naturali promotori di diritti civili)? Perché un certo accreditato femminismo sente pericolare le sue conquiste e messe in discussione le sue teorie?

Ma poi, c’è sinergia tra le Giulietta di Fellini e l’attuale dibattito sulla nuova legge? Fa Fellini nelle due “Giulietta”, simbolo di una certa classe borghese italiana, un discorso femminista? C’è sinergia tra le Giulietta di Fellini e l’attuale dibattito femminista? A mio avviso sì.

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Ma forse è il caso di riprendere la questione più tardi…

Paco Domene