Niente clausola sociale nel passaggio Comdata-Digid. Venticinque posti di lavoro a rischio a Ivrea

Comdata perde la commessa Aria della Regione Lombardia e la subentrante Digid non applica la clausola sociale e, peggio, chiede di affiancare i lavoratori di Comdata coinvolti con proprio personale per apprendere le procedure. Dopo lo sciopero del 6 e 7, nuovo sciopero 8, 9, 10 novembre del settore colpito. Ma si deve fare di più: mobilitare di tutta l’azienda.

Dopo l’Inps, che ha fatto spallucce alla clausola sociale quando ha riacquisito il servizio di call center da Comdata (lasciando senza lavoro 60 lavoratori), anche Digid Group che ha vinto la commessa Aria della Regione Lombardia (prima gestita da Comdata), non solo non vuole applicare la clausola sociale, togliendo quindi il lavoro a chi oggi lo sta facendo, ma ha chiesto – senza ritegno – di affiancare le lavoratrici ed i lavoratori operanti sulla commessa “Aria” per conoscere il funzionamento degli strumenti e delle modalità operative, in vista del prossimo passaggio fissato per il 20 novembre. «Oltre al danno, la beffa!!! Alle lavoratrici ed ai lavoratori cui viene negato il diritto soggettivo alla continuità occupazionale garantito dalla clausola sociale, viene chiesto di “insegnare” il mestiere a chi opererà al loro posto tra qualche giorno.», denunciano le segreterie nazionali di Slc-Cgil, Fistel-Cisl e Uilcom, invitando le lavoratrici e i lavoratori coinvolti ad astenersi dal lavoro aderendo allo sciopero (dopo quello del 6 e 7) nei giorni 8, 9, 10 novembre. Nel contempo i sindacati sollecitano «l’intervento di Ministero del Lavoro, Regione Lombardia ed Ispettorato Nazionale del Lavoro al fine di ripristinare la corretta applicazione di una legge prevista dall’ordinamento giuridico italiano in materia di cambio di appalto nei settori di customer care.»

La vicenda è una storia già vista nel mondo selvaggio dei call center: un’azienda perde il bando per il rinnovo di una commessa e quella che lo vince può tranquillamente non applicare la clausola sociale, cioè non assumere i lavoratori che già lavorano su quella commessa. Una pratica diffusa nonostante la clausola sociale sia non solo prevista dal contratto nazionale di lavoro delle Telecomunicazioni, ma anche un obbligo di legge sancito dall’articolo 1, comma 10, della legge 11/2016 che stabilisce che in caso di successione di imprese nel contratto di appalto con il medesimo committente, il rapporto di lavoro continua con l’appaltatore subentrante.

Una delle tante leggi disattese in questo nostro paese che ha il lavoro nel primo articolo della Costituzione, ma i lavoratori all’ultimo posto nei pensieri dei governanti degli ultimi decenni.

Questa ultima vicenda coinvolge 34 operatrici e operatori dei quali 25 a Ivrea. Il cliente (committente) è Aria S.p.A. (Azienda Regionale per l’Innovazione e gli Acquisti), la società in house della Regione Lombardia. Nel 2022 Comdata perde il bando per il rinnovo e le subentra Digid Group, un raggruppamento di imprese che lavorano per la Pubblica Amministrazione, che le subentrerà dal 20 novembre prossimo.

Come da prassi vengono attivati i tavoli sindacali per definire i termini del passaggio delle operatrici e degli operatori che lavorano attualmente per Aria in Comdata. In un primo incontro, il raggruppamento Digid aveva dato ampie rassicurazioni sull’assunzione di tutti i lavoratori coinvolti, pure a parità di condizioni economiche e normative. Nell’incontro del 31 ottobre però Digid non si è presentata, inviando solo una comunicazione a Comdata dove seccamente afferma, come si legge nel comunicato sindacale “di aver valutato non economicamente vantaggioso rilevare i lavoratori operanti sulla commessa.”

E ci risiamo, il lavoro costa troppo. Ma come è possibile se l’Italia è l’unico paese europeo in cui i salari hanno perso potere di acquisto in 30 anni: -2,9 % contro gli aumenti in tutta Europa: Francia +31,1 – Germania +33,7% – Spagna +6,2% (per citare i paesi più paragonabili al nostro). Come è possibile se l’Italia è fra i pochi paesi europei senza un salario minimo legale? Due sono le risposte, solo all’apparenza semplicistiche: 1) i committenti puntano sempre al massimo ribasso 2) le aziende che vincono i bandi puntano al massimo profitto.

E non possiamo non pensare che, accanto alla preoccupazione per il lavoro, gli operatori coinvolti avranno trovato insopportabile quel “non è economicamente vantaggioso”. Come se si parlasse del rinnovo di un contratto elettrico o telefonico e non di persone, lavoratrici e lavoratori destinati ad una vita precaria per la totale libertà lasciata al mercato, mentre svaniscono ad uno ad uno tutti i diritti del lavoro.

Di fronte a tanta arroganza padronale bene han fatto i sindacati a proclamare 2+3 giorni di sciopero continuativi (si fosse fatto con Inps sarebbe finita diversamente?), ma visto il ripetersi di queste pratiche illegali e dannose, limitare la mobilitazione solo alle lavoratrici e ai lavoratori coinvolti è troppo poco. Infatti la vicenda riguarda tutti gli operatori del call center Comdata, nessuno escluso. Lavoratori che magari oggi non sono colpiti, ma che certo potrebbero avere uguale sorte nel futuro. Come solo qualche mese fa è toccato ai 60 lavoratori dell’ex commessa Inps che sono ancora in cassa integrazione (solo due ricollocati e nove messi sulla commessa in scadenza Aria …).

E infine, dopo anni di colpevole silenzio dell’amministrazione comunale sui temi del lavoro, vorremmo ora sentire forte quella voce. Vorremmo veder riattivati strumenti che in anni passati hanno fatto sentire l’amministrazione comunale con il suo “Ufficio Politiche del Lavoro” concretamente vicina ai lavoratori.

Cadigia Perini