Nucleare, riscaldamento climatico, comunità energetiche: sfide e battaglie dell’ambientalismo nel 2022

Il 2021 è stato un anno in cui le conseguenze della pandemia sono state al centro dell’attenzione pubblica lasciando in secondo piano le questioni legate all’altra grande crisi che coinvolge l’umanità intera: gli effetti del cambiamento climatico

Ci si è anche rapidamente dimenticati del profondo legame che esiste tra le cause della pandemia e del cambiamento climatico: un modello economico e di consumi che ha saccheggiato le risorse del pianeta e ridotto enormemente la biodiversità esistente.
Un modello economico e dei consumi che ha generato enormi disuguaglianze economiche e sociali e che la pandemia ha ulteriormente aggravato. E’ del febbraio scorso il rapporto della Ong inglese Oxfam “Il virus della disuguaglianza” secondo il quale il virus ha mostrato le fratture presenti nel fragile scheletro delle società umane, esacerbando la disuguaglianza preesistente.
Proveremo a richiamare alcuni avvenimenti emblematici dell’anno che ci siamo lasciati alle spalle che richiamano la necessità e l’urgenza di un’azione per intervenire sulle cause e ridurre gli effetti dei cambiamenti climatici.
Proprio agli inizi del 2021 il Ministero dello sviluppo economico dà il nulla osta per la pubblicazione della mappa dei 67 siti idonei ad ospitare le scorie nucleari. Dovrà ospitare 78.000 metri cubi di rifiuti radioattivi provenienti dallo smantellamento degli impianti nucleari e dagli impianti di ricerca e della medicina nucleare. Sono scorie relativamente a bassa intensità che resteranno attive per centinaia di anni. Ovviamente la pubblicazione dei siti ha immediatamente creato un allarme delle popolazioni a dimostrazione di quanto sarà complesso individuare un sito che dia le garanzie di sicurezza che quelli attuali, a cominciare dal sito più grande di Saluggia, non danno. Questione che sembra sfuggire a chi oggi in Europa e in Italia rilancia l’energia nucleare. A cominciare dal ministro della transizione ecologica Cingolani. Ministero che fu creato ex novo nel febbraio scorso dal governo Draghi per far intendere che si intendeva fare sul serio. Tace sul nucleare il nostro governo, diviso al proprio interno, e sull’abbandono delle fonti fossili, gas in primis, si plaude all’ENI che ha annunciato la costruzione a largo delle coste di Ravenna del più grande hub di cattura e stoccaggio dell’anidride carbonica al mondo. La tecnologia si esplica attraverso la cattura del gas serra CO2 direttamente dagli impianti industriali e il successivo stoccaggio nel sottosuolo, approfittando di vecchi giacimenti di idrocarburi esauriti e asset dismessi nel ravennate.

Non ci soffermiamo sui grandi rischi di questa tecnologia ma vogliamo fare osservare il cinismo di tale politica “verde” di abbattimento della Co2 perché emblematica di quanto gli interessi economici siano di ostacolo alla rimozione delle cause del cambiamento climatico. Infatti la Co2 immessa nei giacimenti ENI in via di esaurimento aumenterebbero la pressione sui serbatoi consentendo ad ENI di estrarre il petrolio o gas rimanente. E, ciliegina sulla torta, è previsto che l’hub verrà finanziato accedendo ai fondi pubblici europei del Next Generation EU, servendosi della quota del 37%, assegnata allo sviluppo di progetti di energia rinnovabile ed efficientamento energetico, dei complessivi 209 miliardi di euro del Recovery Fund.
Altrettanto intende fare la Francia sul versante nucleare facendosi finanziare dall’Europa il restyling delle obsolete centrali francesi.
Inutile dire quanto tali scelte, se confermate, contraddirebbero l’urgenza di abbandonare nucleare e fonti fossili e concentrare gli investimenti sulle fonti rinnovabili. E qui siamo allo scontro oggi in atto in Europa sulla classificazione di gas e nucleare tra le risorse rinnovabili. Scontro che ci fa capire lo stallo emerso alla conclusione del COP 26 di Glasgow del novembre scorso, quando di fronte alle attese e alle rivendicazioni dei molti movimenti in tutto il mondo, a cominciare dai giovani di Friday for future, non si è andati oltre ad un generico riconoscimento della necessità di mantenere l’incremento del riscaldamento del pianeta entro l’1,5% senza assumere alcun impegno.
Clima che continua a testimoniare quanto gli effetti del riscaldamento siano oggi, non fra decenni, un serio problema. Nel luglio scorso in Canada si sono raggiunte temperature record. Il termometro ha toccato 49,6°C, un vero e proprio record in aree caratterizzate da una media stagionale di 21°. In Siberia, la regione più fredda della Russia, più di due milioni di ettari di bosco vengono divorati dalle fiamme. In Sardegna, bruciano 20.000 ettari di territorio in un fine settimana. Gravi danni all’agricoltura e moltissimi animali sono preda delle fiamme. Per ricostruire i boschi e la macchia mediterranea serviranno 15 anni. Per concludere il mese di luglio, il 29 è stato il giorno in cui abbiamo già esaurito tutte le risorse del pianeta previste per il 2021 (Earth overshoot day).

In agosto giorni di caldo record anche in Italia e in particolar modo in Sicilia, dove le temperature in varie zone della regione hanno superato i 45°, arrivando fino ai 47º a Lentini il 10 agosto. Una tendenza preoccupante non solo per gli effetti immediati ma anche per quelli a lungo termine.
Dopo tanti incendi, i fenomeni meteorologici estremi si manifestano con terribili alluvioni. Gli scienziati sono concordi nell’affermare che il cambiamento climatico è il principale responsabile dell’alluvione in Germania e Belgio, che ha provocato più di 200 vittime.
Il 10 dicembre viene presentato il report finale della Carovana dei ghiacciai 2021. Legambiente e il Comitato Glaciologico Italiano lanciano l’allarme: i ghiacciai sono in pericolo. Sempre più fragili e vulnerabili ai mutamenti, le catene montuose delle Alpi europee subiscono in modo evidente le conseguenze del riscaldamento globale in atto.

Diamo uno sguardo ora alle criticità che riguardano il nostro territorio e all’impegno svolto dal mondo associativo. La qualità dell’aria continua ad essere minacciata dalle emissioni della mobilità su quattro ruote a cui si aggiunge in epoca invernale il riscaldamento delle abitazioni. Il sistema pubblico di trasporto sia su ruota che su rotaia subisce i mancati investimenti a lungo promessi e di fatto subisce un peggioramento del servizio in tempi di pandemia dove avremmo avuto bisogno di un sistema di trasporto pubblico rinnovato ed efficiente a cui andrebbe affiancato una rete di percorsi fruibili per la mobilità lenta: a piedi ed in bici. È questo un tema su cui le associazioni del territorio continueranno a insistere.
La riduzione della Co2 oltre che dal sistema dei trasporti deve essere affrontata dalla produzione e dall’uso dell’energia.
Sul fronte della produzione di energia la novità riguarda le potenzialità di un nuovo soggetto che, su spinta della commissione europea, è previsto dalla normativa italiana: la Comunità Energetica. Si tratta di attivare cittadini, imprese, amministrazioni per realizzare impianti basati su fonti rinnovabili che permetta di condividere l’energia prodotta. Si tratta di uno strumento che consentirebbe di ridurre il nostro impatto ambientale rafforzando le comunità locali. E’ in corso un progetto per la realizzazione di prototipo nella città di Ivrea di cui avremo modo di parlare più diffusamente a breve.
Per quanto riguarda i rifiuti ancora una volta ci troviamo a dover contrastare un progetto di un impianto di incenerimento che si intende costruire a Cavaglià e di cui questo giornale ha parlato recentemente.

È un’impiantistica di cui non abbiamo bisogno e che sottrarrebbe risorse sul ciclo del recupero e riciclaggio della materia. Un passaggio importante per migliorare la quantità e la qualità della raccolta differenziata resta il passaggio dalla tassazione a tariffa che permetterebbe di rendere trasparente il ruolo delle famiglie e premiare i comportamenti virtuosi. Anche su questo un tema proveremo a coinvolgere cittadini ad amministrazioni.
Infine vogliamo ricordare un impegno che stiamo sostenendo di contrasto al rischio idrogeologico e al pericolo di incendi. Abbiamo un territorio fragile da questo punto di vista e la possibilità di eventi alluvionali o di incendi non potrà che crescere a causa dell’innalzamento delle temperature che già stiamo verificando.
È necessario investire risorse umane ed economiche nel contrasto all’abbandono e per la cura di un territorio che mantiene ancora un paesaggio straordinario che è anche una potenziale risorsa di sviluppo turistico.

Molto lavoro ci attende. Nonostante tutto, buon 2022.

Nevio Perna