Piove

La pioggia mancante per mesi cade tutta in poche settimane, il cambiamento climatico inizia a fare paura. Immutato il clima politico, pioggia di denunce sugli eco-attivisti.

È iniziata esattamente il primo maggio, proprio durante il corteo di Torino.
La pioggia cadeva sulla città già dal mattino presto nello stupore generale. Non la si vedeva da così tanto tempo da averne dimenticato l’esistenza, e già ci si preparava ad affrontare l’ennesima torrida estate urbana, così la si interpreta sommariamente come buon presagio, la possibilità di superare più facilmente del previsto il periodo di siccità estiva che già l’anno precedente ha fatto fin troppi danni. Si sarebbe dimostrata un’interpretazione errata.
A distanza di una ventina di giorni da quel corteo, la pioggia si palesa come l’ennesima piaga. Le immagini spaventose dell’Emilia-Romagna sommersa dall’alluvione mostrano l’altra faccia del cambiamento climatico, opposta alla siccità. Ben 200 millilitri d’acqua si abbattono in pochi giorni sulla terra inaridita, invadendo le città. La cementificazione e la costruzione di grandi opere hanno distrutto le risorse idriche e impermeabilizzato il terreno, che ora non è in grado di assorbire l’enorme quantitativo d’acqua.
Il continuo consumo di suolo, così come scelte urbanistiche, industriali ed economiche poco lungimiranti, hanno reso l’impatto antropico sul territorio insostenibile. In questo l’Emilia-Romagna vanta un vero e proprio record, la prima Regione d’Italia per cementificazione in aree alluvionali: 78,6 ettari in aree ad elevata pericolosità idraulica e 501,9 in quelle a media pericolosità solo nel periodo 2020-2021. A poco serve parlare di manutenzione degli argini, di casse di espansione o di sistemi di allerta: con l’acqua caduta in questi giorni qualsiasi opera avrebbe funzionato ben poco. Al contrario i sistemi di allerta pare abbiano funzionato benissimo, evitando un disastro ancora peggiore. Si tratta di eventi che oggi possiamo ancora definire estremi, ma che vedremo diventare sempre più comuni in un futuro prossimo.
Non è una situazione limitata all’Emilia-Romagna. A causa della filosofia sviluppista imperante negli ultimi decenni, tutta l’Italia ha subito un enorme consumo di suolo per la costruzione continua di opere piccole e grandi. Un Paese che, pur piazzandosi primo in Europa per percentuale di consumo di suolo rappresentata da infrastrutture di trasporto (51%), sembra non averne mai abbastanza. Servirebbe una vera legge sul consumo di suolo a saldo zero, che per ora esiste solo sulla carta, mentre amministrazioni e imprenditori edili si riparano dietro leggi regionali colabrodo. Ma sebbene la politica, salvo rare eccezioni, non sembra prendere coscienza della situazione, così non è per la società civile che negli anni, complice l’eco-ansia comprensibilmente diffusasi a fronte dei sempre più evidenti segni di disastro, ha acquisito una maggiore consapevolezza dando vita a diverse espressioni di attivismo climatico.

Extinction Rebellion, movimento radicalmente non-violento nato con il preciso scopo di aumentare la consapevolezza climatica ed evitare l’estinzione, compie da tempo azioni in tutta Italia, le più famose delle quali contro opere d’arte e monumenti. A Torino sono recentissime l’affissione di due striscioni di fronte al grattacielo San Paolo e un’azione di protesta davanti all’aeroporto dei jet privati di Caselle.
Nonostante la fondamentale non-violenza del movimento e la portata minima dei danni provocati (le vernici utilizzate erano sempre biologiche e lavabili), come novelle Cassandra gli attivisti climatici hanno attirato su di sé indignazione e derisione, alle quali ha fatto seguito una repressione fuori misura. Negli ultimi anni le denunce sono state una pioggia incessante e Torino in questo si distingue: come per riflesso pavloviano, si tratta la protesta politica come associazione a delinquere, criminalizzando il dissenso, un meccanismo già ampiamente utilizzato e perfezionato contro autonomi e anarchici. Poco importa se le denunce vengono poi smontate nei processi, l’importante è tagliare le gambe a qualsiasi protesta e spaventare i protestanti.
Nonostante questo e diversi altri brutti episodi, gli attivisti non sembrano intenzionati né a fermarsi né a spaventarsi: la paura del futuro se non si agisce ora è probabilmente più terrificante di qualsiasi denuncia. E forse dovremmo essere un po’ più spaventati anche noi.

Le nuvole si spostano e potrebbero arrivare anche in Piemonte, già ora in allerta gialla, un territorio non meno a rischio alluvione di quanto lo sia l’Emilia-Romagna.
Ivrea in particolare non vede un’alluvione da 23 anni. Non sappiamo ancora quale sarà la prima cosa di cui dovrà occuparsi l’appena insediata giunta comunale, speriamo davvero che questa non sia un evento estremo.
Quello che sappiamo è che l’amministrazione precedente rifiutò di dichiarare l’emergenza climatica, adducendo motivazioni negazioniste. Seppur presente nel programma della coalizione vincitrice di questa tornata elettorale, sarebbe un segno di consapevolezza e un bel cambio di passo vedere tra le prime azioni di questa nuova giunta proprio quella dichiarazione rifiutata anni fa. Ancora meglio se poi alle parole seguissero i fatti.
Per ora non possiamo che guardare il cielo cercando di interpretarne i segni, aspettando di vedere di nuovo il sole.

Lorenzo Zaccagnini