Primo Maggio per la Pace e per il Lavoro. Ma il corteo non è per tutti

Dopo due anni di assenza forzata a causa della pandemia, torna in piazza il corteo del Primo Maggio. Poteva essere una festa piena, ma ancora una volta l’uso della polizia per isolare una parte del corteo e impedirgli di arrivare in piazza San Carlo dove parlavano sindacati e istituzioni, ha segnato una nuova sconfitta per la democrazia. In difesa del diritto di tutti a partecipare al corteo sono intervenuti fra gli altri Angelo D’Orsi e Gastone Cottino, partigiano, sigillo civico della Città di Torino.

In una giornata baciata dal sole, l’atmosfera è gioiosa perché ci si ritrova insieme in piazza per la manifestazione della festa dei lavoratori e delle lavoratrici dopo due anni di assenza del corteo del primo maggio a causa della pandemia. Si rivedono amici, ex colleghi, compagni di avventura e sventura. Una giornata di festa, nonostante la pesantezza della guerra, che aggiunge alle rivendicazioni del lavoro anche la forte richiesta di Pace.

Con questi sentimenti è iniziato a comporsi il corteo del primo maggio che come sempre vede in testa gli organizzatori, i sindacati confederali, e poi i rappresentanti delle istituzioni, le associazioni nazionali, come Anpi e Arci, e poi il PD inserito nel corteo solo all’ultimo ben protetto dalle forze dell’ordine, fino allo spezzone del coordinamento A.GI.TE. (coordinamento di cittadine e cittadini, associazioni, enti e istituzioni locali contro l’Atomica, tutte le Guerre e i TErrorismi) con Emergency, associazione amicizia Italia-Cuba, e molti altri fino ai gruppi della sinistra radicale, Rifondazione Comunista, CollettivA Menapace, Sinistra Anticapitalista, Fronte popolare e al fondo, a chiudere, il cosiddetto “spezzone sociale” composto da studenti, centri sociali, realtà di movimento contro la guerra, lo sfruttamento sul lavoro, la violenza di genere, il razzismo, il disastro ambientale.

Dopo un avvio ritardato perché frenato dalle forze dell’ordine per mettere spazio fra i “buoni” e i “cattivi”, il corteo procede fluido su via Po. Quest’anno ci sono più persone, rispetto alle ultime volte, ai lati della strada a guardar sfilare il corteo, ad applaudire, alzare il pugno chiuso, mandare sguardi e sorrisi di condivisione.
Si notano subito due cose: c’è uno spezzone nuovo, quello che chiede la Pace e ci sono pochissimi striscioni di fabbriche.
Si prosegue, si attraversa piazza Castello, si imbocca via Roma, e qui come da logoro copione scatta l’operazione del taglio del corteo. “Dopo qualche metro dall’imbocco di via Roma vediamo spostarsi di corsa sotto i portici  decine di poliziotti che si vanno a piazzare all’altezza della prima traversa che incontriamo per bloccarla. Ecco ci risiamo, ora ci dividono abbiamo pensato“,  raccontano i manifestanti della sinistra radicale posizionati appena prima dello spezzone sociale. E così è stato. Appena transitati, e nemmeno del tutto, i militanti della sinistra, la polizia si butta nella via e crea un muro di scudi, elmi, manganelli che spezza il corteo. “La polizia blocca lo spezzone sociale che voleva raggiungere piazza San Carlo”, dicono i TG. Senza spiegare quale fosse il crimine nel voler raggiungere la meta del corteo.  “Ci aspettavamo contestazioni e attacchi al palco” si sente balbettare come giustificazione. Siamo all’aggressione preventiva, una aggressione a freddo. Le immagini e i video parlano da soli.

Ma mentre il corteo dei “buoni” procede come nulla fosse, Rifondazione Comunista insieme a Sinistra Anticapitalista e Fronte popolare e molti altri manifestanti, si fermano. Rimangono al di qua del muro di polizia, ma non si muovono. Anzi, girano i loro striscioni verso il fondo. Si crea un palco alternativo. Intervengono gli studenti, chi è stato escluso. Si chiede il perché di tanta violenza, di poter procedere, si canta Bella ciao. La polizia carica. Interviene Ezio Locatelli, della segreteria nazionale di Rifondazione, e poi si avvicina il professore Angelo D’Orsi. E infine il partigiano, sigillo civile della Città di Torino, Gastone Cottino, 97 anni che con grande energia denuncia: «Dobbiamo tenere duro. Qui vogliono mettere in discussione principi costituzionali. Il Primo Maggio è di tutti, di tutti i compagni e di tutti i lavoratori. Io ho quasi cent’anni ma vi posso dire che nella mia lunga vita un episodio così vergognoso come quello di oggi raramente l’ho visto. E per questo mi ribello con tutte le mie forze. Ne ho ormai poche ma vi dico che la mia generazione si è battuta per la libertà. Anche voi, tenete duro: libertà. Noi siamo contro la guerra e per la pace». A quel punto avrebbero dovuto scendere gli scudi, abbassarsi i manganelli e tutti mettersi in ginocchio, per la vergogna. Qualche minuto dopo la coda del corteo viene liberata, grazie a Cottino ci piace dire, in realtà a quel punto in piazza San Carlo avevano finito di parlare i manovratori, indisturbati, senza nemmeno un fischio probabilmente, chissà che gusto c’è a parlare ad una piccola folla consenziente, non certo un gusto di democrazia.

Tante le voci di condanna per gli attacchi della polizia

Non è una novità la richiesta di intervento pesante alla polizia per non far arrivare nella piazza dei comizi sindacali e istituzionali, ma quest’anno è stato veramente odioso e insensato. Tantissime persone anche di una certa età ripetevano a gran voce dai lati della strada “vergogna” e “lasciateli passare”. Si temeva un “assalto” al palco? Bene si doveva piazzare la protezione poliziesca attorno al palco, non lungo la via per mostrare i muscoli, menare, quasi a voler annientare il dissenso.

Della gestione della sicurezza e degli ordini dati alla polizia dovranno rispondere i responsabili istituzionali e politici. Le deputate di ManifestA (Pap e Rifondazione Comunsita) hanno depositato una interrogazione parlamentare sui fatti di Torino alla quale dovrà rispondere la ministra dell’interno Lamorgese, perché le immagini e i tanti testimoni dimostrano la totale gratuità degli attacchi. Attacchi non a difesa della libertà altrui di parlare e manifestate ma per censurare con violenza e preventivamente il dissenso.

E tante sono state le voci di condanna a partire dalla lettera aperta che vede come primo firmatario Gastone Cottino, partigiano Lucio, che termina con questa frase “La contestazione e il dissenso fanno parte della dialettica democratica e tentare di eliminarne la visibilità con la forza significa imboccare – come la storia insegna – una china pericolosa e nefasta. Di questo dovrebbero essere consapevoli le forze politiche e sindacali che oggi si giovano di una gestione dell’ordine pubblico muscolare e discriminatoria.
E dal Coordinamento A.GI.TE. interventuo con un comunicato di condanna nel quale informano che chiederanno un incontro con il Prefetto e di essere ascoltati da Cgil, Cisl e Uil quali organizzatori del corteo per l’immotivato intervento delle forze dell’ordine.
Fino al comunicato delle realtà sociali e della sinistra radicale “Ristabiliamo la verità” e alla risposta del Prc a Piero Fassino che senza vergogna su Twitter scrive “Anche quest’anno, come da tanti anni, gruppi violenti hanno turbato il 1 maggio a Torino, confermando di non avere nulla a che vedere con i lavoratori che invece sanno bene chi sta dalla loro parte. Solidarietà agli agenti feriti”. “Non è possibile che la responsabilità degli scontri avvenuti il primo maggio a Torino venga stravolta a tal punto. – replicano Cristofari, Deambrogio e Locatelli del Prc – Fassino, ex sindaco di Torino, parla senza ritegno alcuno di “gruppi violenti” che “hanno turbato” il primo maggio Torino. In realtà ciò che è stato visto e subìto da tutti i presenti sono le cariche della polizia in assetto antisommossa, polizia che ha deciso di smembrare con forza lo spezzone del corteo schierato contro la guerra in modo tale da impedirne l’entrata in piazza San Carlo. Bisogna smetterla con le menzogne. Anche l’Ansa riferisce che “le forze dell’ordine hanno preso a manganellate i manifestanti per farli indietreggiare”. Ciò che è avvenuto è in tutto e per tutto inaccettabile. L’indecente messinscena delle violenze messe in atto il primo maggio va smascherata. Con buona pace di Fassino c’è un’unica responsabilità riguardo gli scontri di ieri, la responsabilità delle forze dell’ordine che hanno deciso di impedire il diritto di manifestare ad una parte del corteo.

La pace in ginocchio

La repressione del dissenso, anche con la forza, l’interventismo nelle guerre contro la via della negoziazione, la priorità alla spesa militare a danno di quella sociale che caratterizzano questo governo guidato da un banchiere che raccoglie il consenso trasversale del Parlamento, sono lontani dai bisogni e dal sentimento della maggior parte della popolazione. Una maggioranza che rimane però troppo spesso silente e che dovrebbe invece far sentire forte e decisa la propria voce e gridare con la stessa forza del compagno partigiano Cottino: “Non in mio nome“.

 

 

 

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cp