Pronte e pronti a un bel 25 aprile 2017 a Lace

La lettera all’ANPI di 11 sindaci dell’Eporediese sulla Festa della Liberazione a Lace di Donato può diventare l’involontario stimolo a una più ampia e attiva partecipazione popolare

Chi aveva pensato che l’opera di delegittimazione dell’ANPI (quale custode dei valori della Resistenza e della Costituzione che questa ha generato) fosse frutto, momentaneo e incosciente, della furia della campagna referendaria più lunga della storia d’Italia, ha evidentemente sbagliato.
Dopo la decisione del PD romano di disertare la manifestazione del 25 aprile (con il pretesto della, peraltro consueta, pretesa della Comunità ebraica che l’ANPI vieti la partecipazione al corteo di manifestanti con bandiere palestinesi), il messaggio che arriva dal Partito Democratico è, nella migliore delle ipotesi, quello di una vendetta postuma dei confronti dell’ANPI (rea di aver contribuito allo smacco subito il 4 dicembre scorso dai propositi renziani), oppure, peggio, di una scelta definitiva di “guerra” all’ANPI individuata come ostacolo al progetto di sterilizzazione della Costituzione.
Un messaggio che arriva dal centro del partito, ma non è dissimile da quello che arriva per questo 25 aprile 2017 in diverse realtà d’Italia, e addirittura anche qui nell’Eporediese.
Come interpretare altrimenti la lettera inviata il 20 marzo scorso da 11 sindaci (Nomaglio, Andrate, Banchette, Bollengo, Cascinette d’Ivrea, Chiaverano, Fiorano, Ivrea, Montalto Dora, Salerano e Strambino) alla Sindaca di Donato e alle ANPI di Biella, Torino, Valle Elvo e Ivrea, a proposito della tradizionale manifestazione del 25 Aprile a Lace di Donato?

Cosa scrivono gli 11 sindaci?
Notano innanzitutto da alcuni anni «la presenza di gruppi e singole persone, che nulla hanno in comune con gli ideali e le motivazioni che il 25 aprile richiama, a Donato e dovunque esso venga celebrato. Tali gruppi, o singole persone, utilizzano lo spazio della Festa della Liberazione per pretendere visibilità, pur non avendo titolo alcuno per imporre la loro presenza».
E già qui sorge spontanea una domanda: chi decide se e quanti e quali partecipanti alla manifestazione “nulla hanno in comune” con il 25 aprile? E poi, quale “titolo” occorre avere per “imporre” la propria presenza alla Festa della Liberazione?
Emerge una bizzarra idea di come si dovrebbero svolgere le manifestazioni popolari.
La lettera degli 11 sindaci prosegue: «In particolare l’edizione 2016 della Festa della Liberazione a Lace ha provocato sconcerto e perplessità in molti fra i presenti: un gruppo di persone, che ci è stato detto non erano previste né invitate, esponendo il modello in scala 1 a 1 di una cella del 41 bis, chiedeva la cancellazione della normativa vigente in materia e quindi, implicitamente, la liberazione dei mafiosi condannati e reclusi».
Ora, premesso che, a rigor di logica, chiedere la cancellazione di un particolare trattamento carcerario non significa chiedere (né implicitamente, né esplicitamente) “la liberazione dei mafiosi condannati e reclusi”, almeno uno tra gli 11 sindaci firmatari della lettera si sarebbe potuto informare sul perché della denuncia del regime del 41bis, magari fermandosi a parlare con chi la esprimeva [vedi in merito nostra intervista ai sostenitori della campagna “pagine contro la tortura” ndr]. Anche solo animato da ovvie curiosità sul perché “amici dei mafiosi” partecipassero alla Festa della Liberazione. E per quale oscuro motivo intervenissero a una manifestazione come quella di Lace. Così, solo per sapere le ragioni di tale denuncia, ovviamente senza poi magari condividerle. E forse, quel sindaco avrebbe potuto capire quanto lo spirito che animava la denuncia delle condizioni carcerarie, al di là dei metodi e dei linguaggi utilizzati, fosse in sintonia con i valori di libertà e umanità della Festa della Liberazione.
«Né è accettabile vedere un corteo recante l’effige del Capo del Governo impiccato», prosegue la lettera degli 11 sindaci dell’Eporediese.
Chi ha partecipato più volte in questi anni alla manifestazione di Lace del 25 aprile, sa che si tratta di un’immagine storica di Mussolini (il cui faccione viene sostituito ogni anno con la faccia del presidente del consiglio in carica) e che viene portata in giro da un bizzarro soggetto. Più una sciocchezza che può essere valutata certamente né divertente né pittoresca, ma di certo neppure un “caso politico”.

Che cosa chiedono perciò gli 11 sindaci?ANPI
«Chiediamo pertanto che vengano poste in essere tutte le misure necessarie per salvaguardare lo svolgimento della manifestazione, stabilendo a priori le regole di partecipazione, istituendo un servizio d’ordine che le faccia rispettare».
Detto in altre parole: trasformare una festa di popolo e di rappresentanti di comunità locali, viva e partecipata, qual è diventata negli anni quella di Lace, in una cerimonia tutta e solo istituzionale.
Dopo la sceneggiata dell’anno scorso di alcuni sindaci che si erano allontanati o tolta la fascia per il discorso sulla Costituzione (argomento tabù perché era già iniziata la propaganda referendaria ed era nota la posizione di difesa della Costituzione dell’ANPI), dopo l’insofferenza per la presenza di bandiere NO TAV o di altri movimenti in anni precedenti, diventa esplicita, attraverso questa lettera degli 11 sindaci, l’intollerabilità di una festa che non è solo un rito ingessato.

Va in questo senso la risposta dell’ANPI Valle Elvo e Serra che osserva come il 25 Aprile di Lace sia «diventato un momento e un’occasione di confronto, di scambio e di crescita civile, di autentica festa popolare della Liberazione, sfuggendo al rischio di una celebrazione rituale e imbalsamata.
Nella Vostra lettera – prosegue la risposta della sezione Valle Elvo e Serra dell’ANPI – si chiedono provvedimenti che restringerebbero la libera partecipazione (servizio d’ordine) e che non appaiono motivati, se non dalla volontà di escludere il manifestarsi di forme di pensiero critico ritenuto disturbante, mentre la forza attrattiva del 25 Aprile di Lace sta proprio nella compresenza della dimensione istituzionale e di quella che denuncia ciò che limita il libero sviluppo della nostra democrazia che affonda le sue radici – appunto – nella Resistenza e nella Costituzione di essa figlia».
Mentre la sezione di Ivrea e Basso Canavese dell’ANPI nella sua risposta del 6 aprile scorso si limita a prendere buona nota delle perplessità e proposte espresse dai sindaci e ad esortarli alla partecipazione a una manifestazione che sia motivo di concordia e di festa per tutti. Ma è lo stesso presidente della sezione di Ivrea, Mario Beiletti, a esprimere venerdì sera, 21 aprile, dopo la commemorazione eporediese, una sua riflessione nella quale si legge: «il 25 aprile di quest’anno sta per arrivare e qualche nuvola di tempesta grava sulla Festa della Liberazione, che dovrebbe essere il momento unitario per eccellenza, dato che fu la conclusione di una lotta aspra, con diverse formazioni partigiane di ideali diversi, spesso opposti, ma uniti da un solo scopo: liberazione dell’Italia, fine del fascismo. Furono gli stessi che, nei due anni successivi, riuscirono a trovare la necessaria unità per scrivere congiuntamente la Costituzione italiana.
Con questo spirito ed avendo quegli uomini come ideali, considero molto difficile comparare quel periodo con l’oggi, con le tante dispute, distinguo, polemiche».

Ma qualche resipiscenza (potremmo sbagliarci perché potrebbe trattarsi di meri artifizi retorici) deve aver colto anche il sindaco di Ivrea, Carlo Della Pepa, che, pur essendo tra i firmatari della lettera degli 11 sindaci dell’Eporediese, nel discorso conclusivo della commemorazione svoltasi a Ivrea venerdì 21 aprile, ha detto: «E che tristezza leggere, in questi giorni, titoli di giornale che sottolineavano come la festa di Liberazione possa diventare occasione di divisione a Roma come in Canavese! Il 25 aprile è la festa della Liberazione, di tutti gli uomini e di tutte le donne che parteciparono a quello straordinario risultato. Chiunque strumentalizzi per altri scopi questa giornata commette un grave errore perché nega la storia e la piega a interessi avulsi dallo spirito del 25 aprile e dimentica il sacrificio di tante donne e uomini.
E’ per questo che noi a Ivrea siamo tutti insieme a celebrare questo giorno e andremo insieme a Lace perché nessuno può scipparci questa festa.
Noi non siamo qui per una ricorrenza di rito, una di quelle celebrazioni che si devono fare per “costume” o per “buona educazione”. La lotta partigiana parla a noi oggi, in questi giorni così carichi di preoccupazioni. Non c’è che un modo per realizzare i valori della Resistenza ed è quello di continuare a resistere. Resistere e ricordare!»
Salvo ripensamenti dell’ultimo minuto, non dovrebbe invece intervenire alla Festa di Lace la sindaca di Donato, Desirée Duoccio, sostituita dal suo vicesindaco. Motivo ufficiale il breve anticipo con il quale le è stata consegnata dall’ANPI il formale invito alla manifestazione, ma è facile pensare che sia un effetto della lettera degli 11 sindaci dell’Eporediese.

Questo 25 aprile 2017 è più vivo che mai. E’ sempre stato così: più forte era il dibattito politico, più era “divisivo”, e più è stata ancora utile questa ricorrenza.
E’ successo tante volte in questi 72 anni. Una per tutte: il 25 aprile 1994 a Milano, a meno di un mese dalle elezioni politiche (del 27 marzo) che avevano portato all’avvento di Berlusconi.
E perciò, nonostante possa apparire preoccupante, alla fine è probabilmente un buon segnale per questo 25 aprile, nel 70° anniversario dell’approvazione della Costituzione, che tante adesioni ipocrite saltino. Perché l’appello dell’ANPI ad “attuare la Costituzione per cambiare l’Italia” possa essere raccolto e portato avanti.

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