Questioni e domande che affliggono la strategia vaccinale

Giuseppe Capella: “D’accordo con l’apertura di un confronto perché, individuandone certi limiti, non si nuoce alla strategia vaccinale, semmai la si rafforza.”

Esordisco affermando di condividere la scelta di aprire un confronto su questo giornale sui vaccini anti-Covid seppur in un clima che non aiuta gli approfondimenti ed essendo la materia, per varie ragioni, ostica e complessa.
Premetto subito che sono, oltre che vaccinato, per i vaccini, se non fosse altro perché non vedo, al momento, alternative immediatamente percorribili oltre che per altre ragioni che, per motivi di spazio, non starò ad elencare.
Ma debbo pur affermare che già il dover fare siffatta premessa segnala un certo disagio che non credo sia solo mio: la preoccupazione di essere etichettati qualora si evidenzino eventuali critiche. Condivido chi afferma che “il rischio di infezione durante la pandemia si affronta con precauzioni motivate da una sana concezione del rischio e non devono essere dettate da paura, ma valutando ragionevolmente rischio e soluzioni possibili”.
Ciò detto mi sembra onesto elencare una serie di quistioni e domande che, a mio avviso, affliggono la strategia vaccinale.
Cercherò di elencarle, scusandomi per la forse eccessiva sinteticità:

  • Può essere sufficiente affrontare la virulenza con una strategia vaccino-centrica e non avere invece un’integrazione strategica vaccino-cura nella consapevolezza che ciò presuppone la presenza di una forte sanità territoriale e non ospedalo-centrica (senza voler di fare a meno degli ospedali ovviamente). E se sì, si sta andando in questa direzione? Non mi sembra proprio visto ciò che sta accadendo nel nostro sistema sanitario e nonostante, da quel che ho capito e per quel che se ne può sapere, la ricerca scientifica abbia aperto la finestra sui farmaci.
  • Se la pandemia per definizione è globale, sino a quando i paesi con meno risorse continueranno a subire, per motivi economici, la carenza di vaccini. Ma se ciò è vero, l’Occidente può continuare ad affrontare tale questione con gli “aiuti” che, certo meglio che niente, ma largamente insufficenti e non in grado di colmare strutturalmente tale lacuna. In un’intervista di qualche tempo fa, Noam Chomsky ricordava che è dal 2003, quando la Sars fu contenuta, che si capì la possibilità di avere altre pandemie da Corona Virus, e poi? Come del resto non capire che la pandemia deve essere combattuta con la cooperazione tra Stati e non affidandosi, quasi esclusivamente, alla ricerca privata (comunque sia perseguendo logica di profitto….senza voler demonizzare) seppur spesso sorretta da finanziamenti pubblici?
  • E se quanto nel punto precedente è vero, come mai i soli vaccini (vedi terza dose) operanti sono Pfizer e Moderna mentre ritarda la valutazione e considerazione di altri vaccini operanti ed apparentemente efficaci oltre che molto meno costosi, quali ad esempio Soberana? Ben venga la delegazione scientifica dell’Amedeo di Savoia di Torino che si è recata a Cuba per valutare/studiare il Soberana Plus, ma gli Enti preposti cosa dicono? … per non parlare poi dei brevetti.
  • Che dire poi dell’efficacia/copertura degli attuali vaccini in relazione all’attuale recrudescenza pandemica? Siamo alla terza dose, in Israele già si parla di una quarta dose e ciò mi fa pensare che non tutto si possa attribuire ai non vaccinati (senza per questo esimerli dalla loro influenza). Tralascio poi la differenza temporale tra durata del Green Pass e durata/incidenza della copertura vaccinale (pensarci prima?). Tra l’altro, non mi sembra che i dati circolanti facciano chiarezza in proposito se non altro per la loro non sempre chiara intellegibilità. Comunque il tutto mi fa pensare al perdurare di un continuo stato di emergenza che potrebbe “giustificarsi” anche per il sommarsi di quelli che potrebbero essere gli effetti della crisi ambientale (forse ancor più grave per i suoi effetti e per la mancanza di prodromi atti ad invertirne la tendenza) e della grave crisi sociale pre-pandemica (accentuata in questa fase e del cui perdurare si può essere quasi certi, a meno che anche qui non si cominci ad invertire la rotta. ma non si vede ancora alcun segno premonitore, almeno in Italia, e spero di sbagliarmi). Di quest’ultima, poi, la crisi pandemica ha contribuito ad offuscare, tra le persone, la sua gravità, attualità nonché visione prospettica. E lo stesso dicasi per la crisi ambientale. Ed allora quale rapporto con la tenuta democratica del e dei paesi e delle loro istituzioni? Quali comportamenti nei confronti di possibili e future esplosioni di disagio sociale?

Ho cercato di porre queste domande in primo luogo per contribuire, pur non essendo esaustive, ad un confronto, per riaffermare la necessità di superare un certo manicheismo nell’affrontare questi contrastati argomenti (mi riferisco ovviamente all’aria che si respira intorno a noi) e nella consapevolezza che individuando certi limiti della strategia vaccinale non si nuoce alla stessa, semmai la si rafforza, se di essi si è consapevoli per poi superarli (conoscere per trasformare/modificare/migliorare) e soprattutto cercando di evitare di contribuire ad un clima di paura foriero solo di pregiudizio e di facile strumentalizzazione da parte di chicchessia.
Concludo rendendomi conto che, leggendo queste scarne righe, si potrebbe pensare ad una sorta di “pessimismo cosmico”, ma non me ne vogliate: c’è sì pessimismo della ragione che però sostiene l’ottimismo della volontà e l’evidenziare certi limiti è segno di convinzione di potercela fare grazie alla capacità ricettiva/propositiva/progressiva di persone, gruppi, forze che nelle nostre società fortunatamente esistono e possono ancora farsi sentire.

Giuseppe Capella