Ridimensionamento di Ivrea: missione compiuta già a metà mandato dalla Giunta Sertoli?

L’anno orribile della pandemia potrebbe essere ricordato anche per la “normalizzazione” della città e il ritorno alle sue reali dimensioni, demografiche e di estensione, di paesone di provincia

«Guidare un processo di trasformazione culturale della città di Ivrea e del territorio circostante più allargato» era «l’ambizione» dichiarata in apertura del “programma amministrativo elezioni comunali 10 giugno 2018” dalla coalizione (composta da Lega Salvini, Forza Ivrea, Cambiamo Ivrea-Sertoli, Insieme per Ivrea-Ballurio) che candidava sindaco Stefano Sertoli.
La domanda è: ci sono riusciti già a metà mandato?

Certamente questo 2020 sarà ricordato per ben altro che per le prodezze e nefandezze dell’amministrazione comunale eporediese. Ovviamente, infatti, di questo anno che sta per chiudersi ci ricorderemo per la pandemia e la riscoperta (che già si tende a dimenticare) della priorità della salute e la centralità dei lavori di cura, della ricerca e, più in generale, del lavoro manuale (che, scomparso da decenni dal dibattito pubblico, ha mostrato in questi mesi quanto sia essenziale, consentendo la sopravvivenza di tutti i “reclusi” dalle misure di arginamento del contagio).
Ma questo anno infausto, potrebbe essere ricordato a Ivrea anche come quello in cui giunge a conclusione quel processo di “ridimensionamento” della città, di perdita definitiva di quel “rango urbano non giustificato dalle dimensioni” (per usare le parole dell’urbanista Carlo Alberto Barbieri) che pure la città ha mantenuto per decenni, anche dopo la scomparsa della Olivetti. E non tanto e non solo perché polo (o Hub, come si usa dire oggi) di servizi importanti per un vasto territorio (il tribunale, la facoltà di infermieristica, le scuole medie superiori e qualche altro ufficio pubblico), ma soprattutto per la ricchezza e vivacità del tessuto associativo sociale e culturale, per la tradizione di attenzione ai diritti civili, per quella trama di fili che creano comunità.

Una trama preziosa per la qualità del vivere civile, ma anche utile a chi è chiamato a fare scelte (politiche o amministrative) perché consente di conoscere meglio la realtà sociale e di calibrare le iniziative.
Invece di fare tesoro di questa ricchezza della città e valorizzare queste esperienze, contro questo “tessuto” si è mossa (spinta da un furore ideologico che non si capisce quanto consapevole) l’amministrazione comunale eporediese con l’attacco allo ZAC!, quello “spazio di comunità” che ha trasformato il Movicentro di Ivrea da luogo di degrado urbano a vivace centro di attività sociali e culturali. Uno spazio che rappresenta il punto più alto, in questi ultimi anni, di mescolanza di sensibilità, funzioni e attività diverse.
Precarizzare lo ZAC!, ostacolare la cittadinanza attiva, svilire la partecipazione (persino delle commissioni consiliari): questi i passaggi più importanti di quel “processo di trasformazione culturale” che la coalizione Sertoli si proponeva di “guidare” nel programma elettorale del 2018?

Certo, questi sono i passaggi centrali, ma c’è un processo in corso da diverso tempo (del quale la Giunta Sertoli è più un prodotto che l’artefice) di ritorno di Ivrea alle dinamiche di un medio paese di provincia.
Un processo che ben si sposa con la “trasformazione culturale” annunciata dalla coalizione Sertoli e del quale l’attuale amministrazione eporediese è la rappresentazione plastica e, insieme, l’agente acceleratore.
Basta assistere a una qualsiasi seduta del consiglio comunale per capire di cosa si sta parlando, di quanto sia avanzato questo processo nel palazzo comunale.
Basta pensare alla sceneggiata delrimpasto” a marzo di quest’anno, con il licenziamento, senza alcuna spiegazione delle divergenze, della vicesindaco Ballurio (e seguente ricorso al presidente della Repubblica) e la sua sostituzione con Elisabetta Piccoli (che si “butta in politica” e annuncia la nascita di una sua associazione insieme a un generale, del carnevale ovviamente), mentre fa il suo ingresso in Giunta Costanza Casali (con grande giubilo della Lega che vede salire a tre i suoi assessori).
Basta contare i “cambi di casacca” di consiglieri della maggioranza avvenuti in due anni e mezzo.
Basta ricordare l’entusiastica adesione (peraltro unanime, dell’intero consiglio comunale) alla supercazzola di “ICO Valley”, mentre, per il sito Unesco, non è neppure attivo il centro visitatori.
Basta guardare l’ubiquo Sertoli che interpreta a modo suo la “vicinanza delle istituzioni”: presente sempre, praticamente ovunque (dal corteo di solidarietà col tabaccaio omicida di San Bernardo dell’anno scorso al discusso assembramento del lunedì di carnevale, dalla gestione delle file per i “tamponi” alle telefonate ai positivi al Covid, fino alla manifestazione di sabato scorso in piazza a Ivrea contro la vendita di armi all’Egitto) seppur, sovente, “a titolo personale”.

Su La Stampa dell’8 ottobre 2019, Renato Lavarini, da pochi mesi assunto da Sertoli quale Capo Gabinetto del Comune di Ivrea, affermava: «se oggi si vede poco di quello che stiamo facendo è perché al momento è tutto o quasi sulla carta. Ma sono progetti che verranno».
Quello che si sarebbe visto, proprio in quei giorni, alla fine dell’anno scorso, è il tentativo di assalto dell’amministrazione eporediese al Consorzio per i servizi sociali In.Re.Te.
Un’ossessione, quella dell’occupazione di posti nelle partecipate comunali, che ha connotato finora quest’amministrazione (e in particolare la Lega, forza più numerosa e organizzata al suo interno) e che, c’è da scommettere, si riaccenderà a breve per il rinnovo del consiglio d’amministrazione, giunto a scadenza, della Fondazione Guelpa.
Ma, ad eccezione di un interessante evento culturale, il Festival dell’Architettura organizzato dall’assessore all’urbanistica Cafarelli, dei “progetti che verranno”, annunciati più di un anno fa da Lavarini non si è visto nulla.

Ora, con lo sventolio dei miliardi di “EU Next Generation”, come avviene in molte altre realtà, con ormai introiettato spirito provinciale anche qui si avanzano progetti e opere da realizzare. E perciò, come accade periodicamente da più di trenta anni, si torna a discutere della ricollocazione dell’ospedale di Ivrea e, come al solito, il territorio si divide su dove dovrebbe sorgere. Con la novità della senatrice Tiraboschi (levatrice dell’amministrazione comunale eporediese) che, oltre a cercare di mettere in lista nei progetti da finanziare la sua fantasmagorica “ICO Valley”, se ne esce con la proposta di ricollocazione dell’ospedale di Ivrea nell’area ex Olivetti di Scarmagno. E trova anche un po’ di sindaci della zona che le vanno dietro. Oltre, più comprensibilmente, ai fondi immobiliari proprietari dell’area, già partner della senatrice nel progetto di riutilizzo di Palazzo Uffici a Ivrea.
Non ci sarà da stupirsi se, a breve, si riaprirà la discussione sull’essenzialità del traforo di Monte Navale, in una sorta di “coazione a ripetere” di cui è preda il ceto politico eporediese, pronto a mobilitarsi per la realizzazione di opere milionarie, ma incapace di vedere le profonde trasformazioni sociali e culturali in atto e di ricostruire comunità.

In questo tempo sospeso che stiamo attraversando è difficile individuare come e chi potrà meglio favorire la costruzione di quella comunità aperta, accogliente, vivace, democratica, antifascista, solidale che rende (o rendeva?) Ivrea una città vivibile, innovativa e capace di guardare anche oltre la dimensione delle, pur gustose e anche talvolta divertenti, beghe di paese.
Quel che è certo è che occorrerà cercare di “rammendare” presto gli strappi che la crisi sanitaria, economica e di socialità stanno provocando alla nostra comunità. E che non sarà certo quest’amministrazione comunale, che di strappi alla trama di fili che costituiscono una comunità ha fatto il suo elemento distintivo, a poter svolgere questo lavoro.

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