“Se esistesse il PD, sarebbe il nostro Partito”

Un gruppo di esponenti locali del PD interviene con una riflessione nel dibattito per le primarie, sostenendo la candidatura Orlando: ne parliamo con Dimitri Buracco e Augusto Vino

In una riflessione significativamente titolata “Se esistesse il PD, sarebbe il nostro Partito”, un gruppo di esponenti del PD eporediese (Erna Restivo, Dimitri Buracco, Augusto Vino, Andrea Alberton, Alessandro Scapino, Michele Allara, Gabriella Colosso, Davide Biava) la scorsa settimana è intervenuto nel dibattito in corso nel Partito Democratico per l’elezione, con le primarie del 30 aprile prossimo, del segretario nazionale.
Dopo aver premesso che «pensiamo che il PD possa ancora rappresentare lo spazio politico in cui costruire una sinistra in grado di governare il cambiamento e promuovere l’eguaglianza sociale e dei diritti», gli otto esponenti dem proseguono esponendo le ragioni e le aspettative della loro adesione, nel 2007, al PD perché affascinati dalla «idea di contribuire alla costruzione di un grande partito collettivo e plurale (…). Una comunità vasta e aperta in cui si parlasse di futuro, in cui avesse sempre piena cittadinanza il confronto, sempre tesa a riconoscere nelle storie e nelle ragioni degli altri possibili elementi di una sintesi più ricca e capace di produrre cambiamenti positivi nella vita di un paese malato e immobile».
E, aggiungono, «perché crediamo che oggi la sinistra deve essere capace di costruire una alleanza tra chi prova a produrre innovazione – nell’economia, nella tecnologia, nel sociale, nei diritti – e le tante marginalità, diverse ed in continua crescita. E’ solo da questa possibile alleanza che può nascere un progetto di governo che tenga insieme sviluppo, occupazione, diritti, allargamento degli spazi di partecipazione e di protagonismo». Ed è proprio «l’origine, la varietà di culture e storie confluite nel PD» che renderebbero questo partito «soggetto capace di realizzare questa sintesi».
Ma allora cosa c’è che non va? C’è che «questo PD non è di fatto mai nato, e rischiamo oggi di perdere anche la possibilità che questa sintesi si realizzi», scrivono ancora gli otto dem, che definiscono «terminato con il 4 dicembre» il «progetto di Renzi di una modernizzazione che semplifica e svilisce i processi democratici e la rappresentanza, che punta solo sull’innovazione quale che sia, che ignora i diffusi sentimenti di profonda insicurezza sociale ed economica».
Ciò nonostante, in questo passaggio delle primarie per l’elezione del segretario del PD, «pur con tutti i limiti e le forzature imposte dall’attuale segreteria», concludono gli otto, «vogliamo scommettere sulla possibilità che il PD cominci ad essere ciò che può essere, voltando pagina ed iniziando un nuovo cammino. Vale la pena di provarci ancora».

Cercando di meglio comprendere il senso di questa riflessione e le sue conclusioni, abbiamo posto alcune domande a due dei firmatari: Dimitri Buracco (ex segretario del circolo eporediese del PD) e Augusto Vino (assessore alle politiche sociali e ai sistemi educativi).

In sostanza sostenete la candidatura di Orlando, vero? Ma se in dieci anni il PD al quale avevate creduto di aderire “non è mai nato” e di fronte alla diffusa previsione di una nuova investitura di Renzi, non rischia di essere mera buona volontà quella di “provarci ancora”?
Augusto Vino: Innanzitutto voglio dire che la scossa iniziale di Renzi è stata utile a un partito che era arrivato a una fase di stallo dopo la “non vittoria” alle elezioni politiche del 2013, l’affermazione dei 5 Stelle, la mancata elezione di Prodi alla presidenza della repubblica. Poi il progetto politico ha avuto una rapida parabola discendente, con la progressiva chiusura degli spazi di discussione nel partito, fino alla pratica e alla teoria del rapporto diretto mediatico del premier-segretario con i cittadini-elettori. E non sono in questione gli elementi caratteriali di Renzi, peraltro del tutto coerenti con il progetto del “renzismo”, ma si tratta di un progetto che immagina di realizzare le riforme solo attraverso azioni di sfondamento, alzando di continuo la posta, non di costruzione del consenso, con una idea di società che sottovaluta le aree di profondo disagio sociale.
Poi sì, sosteniamo la candidatura di Orlando alla segreteria perché la dialettica aperta nel partito è vera. A Ivrea avvertiamo un evidente disagio e una voglia di parlare e confrontarsi, che determina un rimescolamento delle posizioni. E non è detto che Renzi raccolga più del 50% dei consensi alle primarie. Nel caso nessun candidato raggiungesse la maggioranza assoluta, toccherebbe all’Assemblea nazionale eleggere il segretario. Poi, in autunno ci saranno i congressi veri, locali, provinciali e regionali.
Dimitri Buracco: Peraltro, è vero che le Convenzioni e le primarie non sono un congresso, ma più che altro una “conta”, ma non saranno irrilevanti le percentuali di consenso dei candidati perché daranno la misura dello spazio della dialettica. In sostanza misureranno quanto pesa il “partito del capo” e quanto il “partito della dialettica”, collettivo e plurale.

Di fronte alla crisi di sistema del capitalismo, non appaiono inadeguate (oltre che perdenti anche sul piano elettorale in tutta Europa) le risposte “socialdemocratiche” che cercano di contemperare mercato con diritti sociali? Non è da ricercare un’alternativa di sistema?
Vino: Le socialdemocrazie, seppur diversamente coniugate nei vari paesi, hanno avuto la funzione di regolare i rapporti tra capitale e lavoro. E si basavano su due entità che la globalizzazione tende a far scomparire: l’azienda fordista e lo stato nazionale. Oggi il ruolo che svolgevano gli stati nazionali può essere svolto solo da istituzioni sovranazionali. E questo è il futuro, inevitabile, dell’Unione Europea che, altrimenti, è destinata a trasformarsi nel fantasma di se stessa. Molto dipenderà dagli esiti elettorali di questi mesi in diversi paesi, mentre francamente mi è spesso parso fuori luogo il propagandistico “batter di pugni” di Renzi contro la Germania che, al di là di certi approcci e scelte contingenti , rappresenta oggi la punta più avanzata del progetto europeo.
Buracco: Credo che la debolezza della proposta del MDP di Bersani, stia proprio qui, nel fatto di immaginare un partito socialdemocratico novecentesco. Mi sembra poi interessante e utile, per l’attenzione alle esperienze di pratiche di “civismo” e di partecipazione, la proposta portata avanti da Pisapia, ma anche il lavoro di Fratoianni e Civati.

Tornando al locale, cosa determineranno localmente le primarie? E quanto influiranno sulle scelte per le elezioni comunali di Ivrea del 2018?
Buracco: Certamente misureranno anche qui quanto spazio c’è per il “partito della dialettica”, ma un più compiuto dibattito che intrecci le diverse questioni ci sarà con il congresso d’autunno. E tutto questo ovviamente peserà sulle scelte per le elezioni comunali eporediesi. Anche per le comunali ritengo, poi, che il PD debba sapersi aprire un ad un confronto largo, soprattutto con le esperienze e le sensibilità con cui ha perso contatto in questi anni. E lo potrà chiaramente fare solo se saprà mettersi al servizio di una proposta per la città fuori da logiche di autosufficienza.

a cura di fz