Solo con i numeri si batte la narrazione anti-migratoria?

Nella serata di lunedì 17 al Forum Democratico è stato presentato il libro “Dialogo sull’immigrazione” e si è parlato di numeri e dati sui migranti . Convincenti le argomentazioni dei relatori, ma con i numeri si batte la demagogia “sovranista”?

Roberto Lancellotti e Stefano Proverbio

Dialogo sull’immigrazione. L’immigrazione tra falsi miti e scomode verità” è il titolo del libro che è stato presentato lunedì 17 durante la prima serata del Forum Democratico del Canavese in collaborazione la libreria Mondadori d’Ivrea. In una fase storica delicata nella quale l’immigrazione sembra essere diventato il problema principale da dover affrontare, Stefano Proverbio e Roberto Lancellotti, autori del libro e relatori della serata hanno provato a fare i conti con questa situazione, cominciando anzitutto a chiedersi: ma l’immigrazione è veramente un problema?
Il tema può essere affrontato sotto diversi punti di vista, ma limitarsi ai fatti di cronaca o agli “episodi effetto” come il caso della nave Diciotti non aiutano certamente a farsi un’idea chiara della situazione. Gli autori del Dialogo sull’immigrazione hanno così deciso di confrontarsi con il pubblico partendo dai numeri e dai dati forniti dallo stesso Ministero dell’Interno, elaborando in questo modo un quadro più completo dell’attuale situazione italiana.

Immigrazione: problema o risorsa?

Cinque milioni di immigrati regolari e circa 120 mila profughi nel 2017. «Quando parliamo di immigrazione è bene distinguere immigrati regolari e profughi, ovvero persone che arrivano con i barconi» ha sostenuto Roberto Lancellotti. Questa distinzione va rimarcata, perché troppo spesso si tende a generalizzare e confondere i due fenomeni, trascurando il fatto che i cinque milioni di immigrati regolari versano tasse che vanno a coprire una parte delle pensioni e del welfare sociale. «Ogni dieci anni» ha poi aggiunto Stefano Proverbio «in Italia perdiamo circa 2 milioni di persone in età lavorativa, aumenta la popolazione anziana e dalla fine degli anni ’80 l’aumento di produttività è in costante diminuzione». Il risultato di questo combinato disposto fa si che senza quei cinque milioni di immigrati regolari non sarebbe possibile sanare e tenere in ordine i conti sulle pensioni italiane (salvo aumenti di tasse o tagli alla spesa pubblica). Anzi: «la Ragioneria di Stato sostiene che se gli immigrati regolari non raggiungeranno gli 8 milioni entro il 2050 ci saranno seri problemi di tenuta del welfare» ha concluso Lancellotti.

Una mappa europea sulla presenza di migranti per paese. Il verde segnala una presenza inferiore al 10%, il giallo tra il 10% e il 15% e il rosso oltre il 15%

Modelli di politiche migratorie nel mondo

Gli autori del Dialogo, proseguendo in questa loro trattazione macro-economica e macro-sociale, hanno poi voluto mettere a confronto diversi modelli di politiche migratorie oggi in vigore nel mondo. La Germania, ad esempio, per far fronte al calo demografico interno non dissimile da quello italiano, avrebbe adottato una politica delle “porte aperte” proprio per “accogliere” quanti più migranti economici possibili. «La Merkel» ha spiegato Proverbio «ha quasi rischiato le elezioni per importare un milione di siriani qualificati». Una scelta, questa, diametralmente opposta a quella Giapponese che, pur registrando un debito pubblico e un andamento demografico non così diversi da quelli italiani, ha adottato da tempo una politica di zero immigrazione. I giapponesi starebbero oggi riconsiderando questa linea “intransigente”, in quanto il loro attuale welfare è di tipo minimale, le pensioni sono di basso importo e le discussioni pubbliche sull’innalzamento dell’età pensionabile a settant’anni sono diventate più frequenti.
In mezzo a questi due modelli contrapposti c’è poi l’Australia. Solitamenti si è abituati a pensare all’Australia come ad un’isola con leggi severe sull’immigrazione, soprattutto dopo l’introduzione del “No way” del governo conservatore Abbott ma, hanno spiegato Proverbio e Lancellotti, questo vale solo per profughi in arrivo con i barconi: «se arrivi via mare non ti lasciano entrare, ma se arrivi in aereo sì». Il governo australiano, infatti, dispone di una normativa che tende a regolarizzare il flusso dei migranti “selezionandoli” e “focalizzando” i talenti a supporto della crescita economica del paese. E l’Italia? A detta dei relatori il governo italiano non avrebbe una politica seria e precisa sul tema dell’immigrazione, nonostante sia già in fase di preparazione un decreto dell’attuale Ministro dell’Interno Salvini destinato a cambiare il quadro della situazione.

Come andare oltre i numeri?

A guardare il fenomeno migratorio nel suo complesso si tende, ovviamente, a trascurare il percepito quotidiano delle persone; andare a spiegare ad un lavoratore precario che l’immigrazione ha dei benefici non è cosa facile di questi tempi, né da un punto di vista economico (come hanno cercato di fare i due relatori durante la serata) né da un punto di vista morale e umanitario (in quanto prevale, oggi come oggi, la logica individualista del “prima noi, poi gli altri”).
C’è da scommettere che chiunque, lasciando la sala delle Officine H dopo l’intervento di Lancellotti e Proverbio sia rimasto colpito dalle loro argomentazioni, ma come poter trasformare questo “arsenale” di dati, numeri e ragionamenti in un’efficace narrazione politica opposta a quella proclamata oggi dai “sovranisti”? La retorica sulla criminalizzazione dei profughi è riuscita a eclissare dal dibatitto pubblico il tema di quei cinque milioni d’immigrati regolari che portano benefici al paese, rendendo il discorso sull’immigrazione confuso e meramente funzionale alla crescita dei consensi della Lega (anche a danno degli stessi 5Stelle, stando ai sondaggi più recenti). Di fronte a questa dirompente distorsione della realtà dovuta, tra le altre cose, ai moderni mezzi di comunicazione come si può sperare di invertire la rotta?

Andrea Bertolino