Un giorno del ricordo usato come rivincita

Lo storico Eric Gobetti, invitato dalla Associazione Rosse Torri e dall’Anpi, ha presentato ad Ivrea il suo libro E allora le foibe? per ragionare sui fatti e non su false ricostruzioni

Dal 2004 In Italia è stato istituito il “giorno del ricordo” per “conservare e rinnovare la memoria della tragedia degli italiani e di tutte le vittime delle foibe, dell’esodo dalle loro terre degli istriani, fiumani e dalmati”. La data fissata è il 10 febbraio, giorno che nel 1947 vide la firma del trattato di pace di Parigi tra l’Italia e le potenze alleate, trattato che attribuisce all’Italia fascista, avendo partecipato al Patto tripartito con la Germania e il Giappone, la responsabilità della guerra di aggressione contro le altre Nazioni.
Avendo quindi perso la guerra l’Italia dovette cedere i territori che erano divenuti italiani solo dopo la Prima guerra mondiale, con il trattato del 1920.
La ricostruzione storica è essenziale per comprendere la complicata vicenda dei territori compresi tra Regno di Italia e Impero Astro-ungarico, poi divenuti Italia, Austria, Jugoslavia con la nascita poi di Slovenia, Croazia, per limitarci ai nostri confini.
Come ben ricostruisce lo storico Eric Gobetti, quei territori da secoli abitati da popolazioni miste, tedeschi, italiani, slavi, con incroci non solo all’interno della stessa città ma anche all’interno della stessa famiglia, sono divenuti terreno di scontro tra nazionalisti di diversa provenienza, per lo stesso estremismo ideologico che costerà a tutta Europa l’orrore della Seconda guerra mondiale.
L’Italia infatti non solo si allargò ad est ma in breve, succube del fascismo, impose una forzata italianizzazione dei nuovi territori, con i metodi autoritari e violenti che conosciamo.
Da qui si parte per cercare di capire il dramma non solo delle foibe e degli esuli, ma di una regione che ha subito una guerra e le sue conseguenze.
Su questo insiste Eric Gobetti, che ad Ivrea ha presentato il suo libro “E allora le foibe?”, edito da Laterza, e che per la sua attenzione a partire dai fatti e dai dati reali senza far prevalere la propaganda è stato spesso oggetto di contestazioni da chi evidentemente la propaganda preferisce.
Il libro fa parte della collana di divulgazione storica Fact Checking: la Storia alla prova dei fatti: non dei poderosi tomi ma agili volumi che hanno “l’intento di evidenziare errori, mistificazioni e imbrogli retorici” che spesso però vanno a costituire una “verità” spacciata per reale.
La questione naturalmente è complessa e difficilmente riassumibile in un articolo.
Non è però così diversa da tante altre zone dove si è consumata una aggressione violenta, una reazione armata cui segue sconfitta con conseguente regolamento di conti.
Le foibe sono profonde fratture nel terreno, una particolarità di tutta la zona, usate anche nelle guerre precedenti per gettare animali o occultare cadaveri. Dopo l’8 settembre 1943 e alla fine della guerra vi sono stati gettati corpi delle persone uccise in quanto ritenute responsabili del fascismo locale o anche dello Stato italiano, identificato tout court con il fascismo. Sono fatti certamente condannabili ma in realtà verificatisi in maniera minore che in altre zone. In totale gli studiosi calcolano in circa 3-4000 le persone giustiziate in questo modo, meno di quelle che, per fare un confronto, alla fine della guerra subirono la stessa sorte solo in Piemonte. Oggi sembrano cifre enormi ma bisogna inserirle in quella grande carneficina che è stata la II guerra e che anche oggi è qualunque guerra. Un esempio: solo i militari italiani internati dopo il 1943 in campi di concentramento tedeschi ammontano a 800.000. Gli esuli dopo la guerra si calcolano in milioni in tutta l’Europa.
La particolarità del Giorno del ricordo è un’altra. Perché vengono ricordate come “pulizia etnica” uccisioni di persone legate, a torto o a ragione, al fascismo? Perché non si ricorda che molti partigiani italiani combatterono insieme a quelli jugoslavi? Addirittura nella primavera del 1944 il loro numero era superiore a quello dei partigiani in Italia. Come potevano avere un odio “razziale”? Perché i dati vengono gonfiati a dismisura fino ai milioni evocati dall’on. Gasparri? Perché si parla di esuli giuliani cacciati a forza quando la popolazione in realtà potè scegliere tra restare, diventando jugoslavi, o andarsene, tornando perlopiù in Italia. Che non ci fosse una ostilità specifica verso gli italiani si evince anche dalla differenza con la popolazione di origine tedesca cui fu invece imposto il reimpatrio. 
Molti altri fattori hanno contribuito a rendere particolarmente complessa la situazione nella zona dell’Istria alla fine della guerra, a cominciare dall’appoggio alla neonata Repubblica di Jugoslavia dell’URSS di Stalin e di conseguenza del PCI italiano, con spaccature all’interno del CLN.
E soprattutto, se si capisce l’interesse della destra italiana ad avere una data in cui “l’italiano” appare come vittima (in certe fiction televisive anche il fascista), perché anche le forze di sinistra hanno avallato una narrazione fuorviante e antistorica, che come altre ora viene utilizzata per ribaltare la storia del nostro recente passato?

P.S. Nel 2006 era stata depositata in Parlamento una proposta di legge per istituire il “Giorno della memoria in ricordo delle vittime africane durante l’occupazione coloniale italiana”. Data prevista: 19 febbraio, anniversario della strage di Addis Abeba del 1937, inizio di una carneficina da parte degli occupanti italiani che superò i 19.000 morti. La proposta non fu mai portata in discussione.

Francesco Curzio